“Imprenditore e dirigente d’azienda originario di Napoli, Presidente e Amministratore Delegato di Meridie S.p.A”, così si descrive Gianni Lettieri. L’imprenditore partenopeo, che ha da poco ‘incassato’ l’acquisizione del ramo manutenzioni di Alitalia, è certamente un esempio di come si possa fare impresa, con impegno e dedizione, anche in un territorio come il sud Italia, penalizzato da infrastrutture insufficienti e non solo. La sua Atitech, grazie all’ultima operazione messa a segno si inscrive concretamente tra i leader del settore aeronautico e aerospaziale.
Una crescita costante che, come confidatoci, l’imprenditore napoletano non vuole interrompere, proiettando la sua ‘creatura’ ai prossimi 20 anni. Con Gianni Lettieri – che ha accettato di rispondere ad alcune domande – abbiamo discusso anche del ruolo del Pnrr per il rilancio infrastrutturale e imprenditoriale del Mezzogiorno, nonché delle aspettative rispetto all’Esecutivo appena insediatosi.
L’intervista
L’acquisizione del ramo d’azienda della “full maintenance” di aeromobili di Alitalia pone Atitech tra i leader del settore. Quali sono le prospettive di crescita in seguito a questo importante accordo raggiunto?
Abbiamo grandi ambizioni di crescita. L’acquisizione del ramo manutenzioni di Alitalia in a.s. è un altro passo, importante ma non definitivo, per ricostituire nel nostro Paese una fondamentale infrastruttura necessaria alla attività aeronautica, civile e militare: la manutenzione a 360 gradi, dalla Base alla Linea, dai Motori all’Avionica, dai Componenti ai Carrelli. Ovvero quello che faceva Alitalia fino a 15 anni fa e che purtroppo – per una politica poco attenta al business e nonostante il livello di professionalità delle persone – è andato a rotoli. Contrariamente a quanto accaduto in Germania, Francia, Spagna.
Dal 2009 a oggi è riuscito a portare Atitech a diventare la società indipendente di manutenzioni più grande d’Europa, ‘dove’ vede l’azienda nei prossimi 15 anni?
Atitech è stata acquisita il 22 ottobre del 2009, alcuni miei dipendenti mi hanno fatto notare che anche Alitalia Maintenance è stata acquisita il 22 ottobre, ma del 2022. Una strana coincidenza. Prima ancora di rilevare Fiumicino e tutte le basi in Italia e all’Estero, Atitech era diventata la MRO indipendente più grande del mercato EMEA, con 20 baie di lavorazione (che significa la possibilità di intervenire su 20 aerei contemporaneamente) e 15 in aree di parcheggio. Oggi abbiamo quasi raddoppiato la capacità e inoltre abbiamo inserito un’altra attività che non facevamo, la manutenzione di Linea, con basi in mezzo mondo. Mi piace la sua domanda sui prossimi 15 anni, nel settore dell’aeronautica è così che si deve ragionare: guardare almeno a 15-20 anni.
Dovrebbe farlo anche chi governa il paese e decide le politiche industriali. Per tornare alla domanda, vedo una Atitech completa, specializzata in due segmenti, la manutenzione e la conversione di aerei da passeggeri a cargo. Oggi siamo l’unica azienda in Europa in grado di trasformare una tipologia di aereo da passeggeri a cargo e questa è una attività che proietta la società nei prossimi 20 anni. Una prospettiva di stabilità anche per le persone che in Atitech lavorano. Stiamo poi lavorando allo sviluppo delle conversioni con gli israeliani di IAI e con le due università di Napoli.
Le aziende di successo incidono sul territorio in cui operano e viceversa, quali sono – secondo lei – gli interventi che le istituzioni dovrebbero mettere in atto per sostenere il settore aeronautico e aerospaziale a Napoli?
Napoli ha due università con eccellenti corsi di aeronautica e aerospazio, la Federico II e la Partenope, uno dei pochi territori al mondo ad avere questa caratteristica. Inoltre siamo in presenza di un vero e proprio cluster del settore, distretti e aziende specializzate che lavorano per produttori mondiali, c’è Leonardo, ma nonostante tutto questo non si è riusciti a fare quello che la Francia ha fatto per Tolosa. Non abbiamo un aereo di linea progettato, costruito e finito (tipo ATR, per capirci) che decolla dalla Campania. Su questo chi dovrebbe fare di più è proprio Leonardo. Si è persa più di un’occasione e le istituzioni devono fare attenzione affinché ciò non accada più, dando risposte veloci e creando i presupposti per lanciare piani di investimento importanti. Devo dire che su questo fronte, per la regione Campania, il Presidente De Luca è molto sensibile con il lancio di diverse iniziative di supporto.
Quale ruolo, in questa ottica, può giocare una corretta attuazione del Pnrr?
Il PNNR se ben utilizzato è uno strumento formidabile per colmare finalmente il gap infrastrutturale che separa il Sud dal Nord del Paese. Deve servire per supportare piani di investimento nei campi dell’innovazione, della ricerca e delle nuove attività e per creare sviluppo, occupazione e benessere. Deve servire a rendere i territori competitivi, perché oggi la competizione non avviene più solo fra imprese ma anche e soprattutto tra territori, quelli che funzionano e attraggono investimenti e quelli che purtroppo non funzionano, perché essendo aridi di iniziative e infrastrutture non attraggono nuovi investimenti e fanno chiudere le aziende esistenti.
Oltre ai suoi successi in ambito imprenditoriale, è ben noto il suo impegno politico. Quali sono le sue aspettative rispetto al governo appena insediatosi? L’esecutivo di Giorgia Meloni sarà in grado di dare la svolta tanto attesa per il rilancio delle imprese in Italia?
Non ho mai avuto velleità politiche, desideravo amministrare la mia città con capacità di impresa e renderla una metropoli europea, con mezzi pubblici che funzionano, raccolta dei rifiuti adeguata, attenzione al terzo settore, asili nido, la possibilità di un futuro diverso per i ragazzi dei quartieri a rischio. Vivere a Napoli e guardare a Milano, Parigi, Barcellona, Francoforte, come obiettivo di riferimento.
Per quanto riguarda il Governo Meloni è presto per giudicare, a noi imprenditori non deve interessare il colore dei governi ma quello che fanno, le risposte che danno alle nostre istanze e alle istanze dei cittadini. Certo non è un momento facile: tassi di interesse in rialzo, imprese in affanno per il caro energia i cui costi mettono a dura prova la tenuta dei bilanci e per finire l’inflazione che è la cosa più pericolosa perché per cercare di contenerla si alzano i tassi di interesse, ma questo blocca gli investimenti e la ripresa economica.
Crede che l’attuale ripartizione dei fondi del Pnrr sia sufficiente alla riduzione del divario tra Nord e Sud del Paese?
Come dicevo se ben utilizzati sì, non dimentichiamo che è più di quanto è stato dato all’Italia all’epoca del famoso piano Marshall nel dopoguerra per la ricostruzione.