Saldi

I saldi invernali 2026 scatteranno ufficialmente il 2 gennaio in Valle d’Aosta e il 3 gennaio nel resto d’Italia, con l’eccezione delle Province autonome di Trento e Bolzano, dove valgono calendari differenti. Ma la data sul calendario racconta solo una parte della storia. Perché, di fatto, gli sconti sono già iniziati e una fetta consistente di consumatori ha anticipato gli acquisti.

Secondo le stime di Confesercenti, basate su un sondaggio Ipsos, quasi 2 milioni di italiani hanno già comprato approfittando dei cosiddetti “pre-saldi”, partiti subito dopo Natale. Un anticipo che rischia di ridimensionare l’impatto delle vendite di fine stagione, uno degli appuntamenti commerciali più rilevanti dell’anno, con un fatturato complessivo stimato intorno ai 6 miliardi di euro.

Il fenomeno non è nuovo, ma quest’anno appare ancora più strutturale. Tra il 26 dicembre e l’avvio ufficiale dei saldi, soprattutto nel settore moda, si è consolidato un periodo promozionale “di fatto”: saldi privati, pre-sale, offerte esclusive e inviti riservati alla clientela fidelizzata. Etichette diverse, ma una sostanza comune: ribassi anticipati rispetto alle date stabilite dalle normative regionali.

Ed è proprio su questo punto che Confesercenti alza il livello dell’allarme. Secondo l’associazione, la proliferazione delle vendite anticipate diluisce l’effetto dei saldi e altera la concorrenza, penalizzando in particolare i negozi tradizionali. Molte Regioni, infatti, vietano le promozioni nei 30 o 45 giorni precedenti ai saldi, ma la diffusione di formule promozionali “borderline” rende il quadro sempre meno leggibile per i consumatori e sempre più difficile da far rispettare.

Il risultato è un mercato che, di fatto, ha trasformato il trimestre novembre-gennaio in una stagione di sconti permanenti, sotto la spinta degli outlet e dell’e-commerce. In questo contesto, i negozi fisici finiscono per essere trascinati in una competizione promozionale continua, spesso senza la forza contrattuale e finanziaria delle grandi catene o delle piattaforme online.

Da qui la richiesta esplicita di Confesercenti: “rivedere le regole sulle promozioni”, per garantire concorrenza leale e pluralismo distributivo. Un tema che non riguarda solo il commercio, ma chiama in causa anche la politica e le Regioni, chiamate a interrogarsi su un modello di saldi che, così com’è, sembra sempre meno aderente alla realtà dei consumi.


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