Nuove direttive per la scuola italiana. Le Indicazioni nazionali 2025 sono uno dei documenti più attesi e discussi del mondo dell’istruzione italiana.
Con esse il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ha voluto ridisegnare i traguardi formativi di tutto il sistema scolastico, aggiornando le Indicazioni del 2012 per renderle più attuali, soprattutto sul fronte digitale e civico.
Diversamente dai vecchi programmi, rigidi e prescrittivi, le Indicazioni valorizzano autonomia e personalizzazione.
Nonostante ciò, le Indicazioni 2025 sono state aspramente criticate. Le critiche nascono dal timore che con la nuova impostazione delle indicazioni, si possa tornare a una forma di controllo centrale e politicizzato dell’insegnamento.
Le varie fasi e il parere del Consiglio di Stato
Il percorso si apre l’11 marzo 2025, con la pubblicazione della prima bozza del MIM
(Ministero dell’ istruzione e del merito).
Il testo propone una revisione complessiva delle Indicazioni del 2012 e viene messo in consultazione pubblica.
L’11 giugno arriva la seconda versione, aggiornata con i contributi raccolti tra gli esperti del settore e trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) per il parere tecnico.
Il 7 luglio il Ministero diffonde un testo rivisto, dichiarando “concluso” l’iter di propria competenza.
A metà settembre, il Consiglio di Stato sospende il proprio parere e chiede una revisione del regolamento, segnalando carenze procedurali, tempi incerti e rischi per l’autonomia delle scuole.
Al 23 ottobre, dunque, le Indicazioni 2025 restano sospese: documento esistente, ma non ancora approvato.
Qual è il contenuto di queste indicazioni?
Per quanto riguarda le materie STEM, acronimo di Science (Scienza), Technology (Tecnologia), Engineering (Ingegneria) e Mathematics (Matematica), l’informatica diventa materia strutturale nella scuola primaria. Il documento propone quindi un doppio binario: da un lato un’alfabetizzazione digitale critica e consapevole, dall’altro un ritorno alle attività manuali e laboratoriali.
Inoltre, nella seconda versione del testo, risalente a luglio 2025, si trova una riflessione più approfondita sull’integrazione delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale nella didattica, con l’indicazione di una “strategia abilitante” sull’IA, che deve essere integrata criticamente e non solo come assistenza tecnica.
Un capitolo centrale riguarda la cittadinanza, intesa non più soltanto come educazione civica o competenza trasversale, ma come finalità fondante dell’intero percorso formativo.
Particolare scalpore e indignazione ha invece causato la forte valorizzazione della storia d’ Italia e della tradizione occidentale.
Le indicazioni prevedono anche la reintroduzione, a partire dall’ anno scolastico 2026-27, del latino, in maniera facoltativa, dal secondo anno delle medie.
Per quanto riguarda la lingua italiana, particolare enfasi è stata posta sul ritorno al corsivo, all’ ortografia corretta e all’ uso del riassunto.
Le diverse reazioni: insorgono sindacati, dirigenti e associazioni
È proprio sull’impianto culturale che si concentra il dibattito. Le Indicazioni 2025 spostano l’asse verso una didattica più prescrittiva, che molti docenti percepiscono come un ritorno ai programmi nazionali di un tempo. Il CSPI, nel suo parere di giugno, ha riconosciuto l’importanza dell’aggiornamento ma chiesto maggiore equilibrio tra indirizzo ministeriale e autonomia scolastica.
Una delle questioni più controverse riguarda la storia: il nuovo testo valorizza la dimensione nazionale e occidentale del percorso storico, con l’obiettivo di “rafforzare l’identità culturale degli studenti”. Società di storici e associazioni professionali sono insorti, denunciando il rischio di un approccio italocentrico che porta alla riduzione della prospettiva globale, di genere e interculturale.
Molti dirigenti scolastici e docenti vedono nel progetto un tentativo positivo di “rimettere ordine” nel curricolo, recuperando chiarezza e coerenza. Altri, invece, parlano di impostazione ideologica, di riforma centralizzante e poco attenta alla realtà delle classi.
Le organizzazioni sindacali (FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola) chiedono una riapertura del confronto, denunciando l’assenza di un piano per la formazione dei docenti e l’aggiornamento dei libri di testo. Tutto ciò ha portato alla mobilitazione del 18 ottobre 2025: i sindacati del mondo della scuola, in particolare la FLC CGIL, insieme ad associazioni e reti di docenti, hanno organizzato presidi in quaranta città italiane.
I manifestanti hanno denunciato l’ approccio “trasmissivo e selettivo” delle nuove Indicazioni, più che democratico e inclusivo.
Il MIM difende il lavoro come un aggiornamento coerente con le sfide europee, capace di coniugare radici culturali e innovazione digitale. Ma il percorso normativo resta sospeso, e con esso tempi, risorse e ruolo dell’autonomia scolastica.
Le Indicazioni 2025 non sono solo un documento tecnico: rappresentano ciò che il sistema educativo italiano intende essere nei prossimi anni.
In gioco non ci sono solo semplici indicazioni, ma la visione stessa della scuola italiana.
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