Autostrade pedaggi

Dal 1° gennaio 2026 scatteranno aumenti dei pedaggi autostradali su gran parte della rete italiana. A determinarli non è una scelta politica dell’ultimo minuto, ma l’esito di un percorso istituzionale che ha visto prevalere le decisioni della Corte costituzionale e dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) sulle intenzioni del governo. A chiarirlo è una nota ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit), che parla apertamente di uno sforzo “vanificato” da parte dell’esecutivo e del ministro Matteo Salvini, intenzionati a congelare le tariffe fino alla definizione dei nuovi Piani economico-finanziari (Pef) delle concessionarie.

Il nodo centrale è giuridico e regolatorio. La sentenza della Consulta ha di fatto impedito al governo di intervenire in modo diretto sulle dinamiche tariffarie, riaffermando il principio di autonomia delle autorità indipendenti e il rispetto dei meccanismi di indicizzazione previsti nei contratti di concessione. In questo quadro, l’Art ha stabilito che l’adeguamento tariffario per il 2026 debba essere pari all’1,5%, corrispondente all’indice di inflazione programmata.

Di conseguenza, tutte le società concessionarie autostradali per le quali è in corso l’aggiornamento dei Pef applicheranno un aumento dell’1,5% sulla rete a pedaggio gestita. Il Mit sottolinea come si tratti di una decisione ormai sottratta alla discrezionalità politica: “su queste determinazioni il ministero non può più intervenire”, proprio in virtù delle pronunce della Corte costituzionale e dell’Autorità di regolazione.

Il quadro, tuttavia, non è uniforme sull’intero territorio nazionale. Per alcune concessionarie non sono previste variazioni tariffarie, in linea con gli atti convenzionali vigenti. È il caso di Concessioni del Tirreno Spa (tronchi A10 e A12), Ivrea-Torino-Piacenza Spa (tronchi A5 e A21) e Strada dei Parchi Spa, tutte ancora all’interno del periodo regolatorio stabilito. In altri casi, invece, gli aumenti risultano differenziati: alla Salerno–Pompei–Napoli Spa è riconosciuta una variazione pari all’1,925%, mentre per Autostrada del Brennero Spa l’adeguamento sarà dell’1,46%. Quest’ultima opera con una concessione scaduta, attualmente in fase di riaffidamento, elemento che spiega la specificità del trattamento tariffario.

Sul piano politico, la vicenda rappresenta un passaggio delicato. Il tema dei pedaggi è storicamente sensibile per l’opinione pubblica e per il tessuto produttivo, soprattutto in una fase in cui famiglie e imprese continuano a fare i conti con gli effetti cumulativi dell’inflazione. Il governo aveva provato a rinviare gli aumenti, legandoli alla ridefinizione complessiva dei Pef e a una revisione del sistema concessorio, ma il perimetro di intervento dell’esecutivo si è scontrato con i vincoli costituzionali e regolatori.

L’aumento dei pedaggi dal 2026 si inserisce così in un equilibrio complesso tra tutela degli utenti, sostenibilità economica delle concessionarie e rispetto delle regole indipendenti di regolazione. Un equilibrio che, ancora una volta, evidenzia come le infrastrutture strategiche non siano solo una questione di politica dei trasporti, ma anche di architettura istituzionale e credibilità del sistema Paese.


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