Euro evasione Iva - offshore - evasione fiscale

L’evasione fiscale in Italia torna a superare i 100 miliardi di euro, confermando un fenomeno strutturale e radicato nel tessuto economico del Paese. È quanto emerge dall’ultima Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva pubblicata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef).

Nel 2022, ultimo anno con dati consolidati, il gap complessivo tra entrate attese e riscosse – cioè la somma di evasione tributaria e contributiva – si colloca tra 98,1 e 102,5 miliardi di euro, in crescita di circa 3,5 miliardi rispetto al 2021.
Dopo la temporanea flessione dovuta alla pandemia e al 2020, l’evasione torna dunque a superare la soglia psicologica dei 100 miliardi, pur restando leggermente sotto i livelli del 2018.


Il dettaglio: Irpef, Iva, Ires e Irap in aumento

Il Mef segnala un incremento diffuso delle principali componenti dell’evasione: Irpef da impresa e lavoro autonomo, Irap, Iva, Ires.

L’evasione contributiva ammonta a 8,4-11,6 miliardi, mentre le mancate entrate tributarie raggiungono 89,7-90,9 miliardi.

In risalita anche l’evasione sugli affitti, che tocca 875 milioni di euro (erano 625 milioni nel 2021), dopo il calo registrato nel biennio pandemico.
Fa eccezione il canone Rai, dove gli evasori scendono a 1,56 milioni, grazie all’introduzione del “canone in bolletta” che ha ridotto drasticamente il fenomeno, passando da oltre 7 milioni di casi (2011-2015) agli attuali livelli molto più contenuti.


Un sommerso da 182,6 miliardi: stabile sul Pil, ma con un Sud ancora in affanno

L’economia sommersa ha generato nel 2022 182,6 miliardi di euro di valore aggiunto, con un incremento del 10,4% rispetto al 2021 (165,5 miliardi). In rapporto al Pil, l’incidenza è sostanzialmente stabile, pari al 9,1% contro il 9% dell’anno precedente.

Il rapporto del Mef evidenzia che le sotto-dichiarazioni rappresentano il 55,6% del totale dell’economia sommersa, mentre il lavoro irregolare – pur restando elevato – scende al 38%, in calo rispetto al 42% del 2019. Le altre componenti, come mance, fitti non dichiarati e integrazioni domanda-offerta, pesano per il 6,4%.


Divari territoriali: Mezzogiorno maglia nera

Il Mezzogiorno si conferma l’area più colpita, con un’incidenza del 16,5% del valore aggiunto complessivo. Seguono il Centro (11,7%), mentre Nord-Est (9,4%) e Nord-Ovest (8,9%) restano sotto la media nazionale.

A livello regionale, il record negativo spetta alla Calabria (19,1%), seguita da Campania e Sicilia, mentre la Provincia Autonoma di Bolzano è la più virtuosa con il 7,7%.
Interessante il dato del Lazio, che pur presentando una propensione nella media, ha un impatto elevato sul totale nazionale, segno del peso economico della regione.
Anche la Lombardia, nonostante una bassa propensione all’evasione, mostra un contributo significativo al sommerso nazionale, per effetto delle sue dimensioni economiche.


Lavoro irregolare: quasi 3 milioni di occupati “in nero”

Il lavoro non regolare resta una piaga strutturale del mercato del lavoro italiano. Nel 2022 si contano 2,9 milioni di unità di lavoro a tempo pieno irregolari, in lieve aumento (+0,1%) rispetto al 2021.
La maggioranza è costituita da lavoratori dipendenti, con una presenza maggiore nei servizi alla persona (colf, babysitter, estetiste, parcheggiatori), ma anche in agricoltura, commercio, trasporti, ristorazione e costruzioni.

Una tendenza che conferma, secondo il Mef, la natura strutturale del fenomeno e la difficoltà di contrastarlo senza un piano organico di incentivi alla regolarità, controlli efficaci e politiche fiscali equilibrate.


Analisi: un sistema che continua a disperdere risorse e fiducia

L’evasione e il sommerso non rappresentano soltanto un problema contabile, ma una questione di equità e di fiducia sociale.
Ogni miliardo sottratto al fisco è un miliardo in meno per sanità, scuola e infrastrutture, e mina la percezione di giustizia tra cittadini e imprese.

Il ritorno oltre i 100 miliardi di evasione dimostra che le misure di contrasto restano fragili, e che la lotta al sommerso non può limitarsi al rafforzamento dei controlli: serve una riforma strutturale, capace di ridurre il carico fiscale sul lavoro regolare e di favorire l’emersione di chi opera nell’ombra.
Un equilibrio difficile, ma decisivo per la credibilità economica e politica del Paese.


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