Istat - produzione, inflazione, fiducia - conti pubblici

Il mese di dicembre 2025 segna un rafforzamento del clima di fiducia nell’economia italiana, sia dal lato dei consumatori sia da quello delle imprese. Dopo le incertezze dell’autunno, gli indicatori tornano a crescere, delineando un quadro di cauto ottimismo che riflette una percezione più favorevole delle condizioni personali e delle prospettive a breve termine, soprattutto nel terziario.

L’indice di fiducia dei consumatori sale da 95,0 a 96,6, recuperando il terreno perso a novembre e mostrando un miglioramento diffuso di quasi tutte le sue componenti. In particolare, emerge una netta ripresa delle valutazioni sulla situazione personale, con il clima che passa da 94,5 a 96,4, e sulla condizione corrente, che supera la soglia psicologica dei 100 punti arrivando a 100,2. Anche le aspettative sul futuro migliorano, con il clima futuro che cresce da 90,2 a 91,6, mentre il clima economico sale più moderatamente, da 96,5 a 97,0.

Il dato segnala come le famiglie percepiscano una maggiore stabilità nel presente, pur restando prudenti sul quadro macroeconomico generale. Non a caso, le uniche componenti che non mostrano un miglioramento riguardano le valutazioni sulla situazione economica del Paese e l’opportunità di risparmiare, due aspetti che continuano a risentire delle tensioni geopolitiche, dell’andamento dei prezzi energetici e delle incertezze sulle politiche fiscali future.

Sul fronte delle imprese, il clima di fiducia composito aumenta da 96,1 a 96,5, toccando il livello più alto da marzo 2024. A trainare la crescita è soprattutto il comparto dei servizi di mercato, dove l’indice balza da 97,8 a 100,0, segnale di un rafforzamento sia delle valutazioni sull’andamento degli affari sia delle aspettative a breve termine. Un dato coerente con la centralità crescente del terziario nell’economia italiana e con una domanda interna che, pur senza accelerazioni, mostra segnali di tenuta.

Più articolato il quadro negli altri settori. Nel commercio al dettaglio la fiducia resta sostanzialmente stabile, passando da 107,3 a 107,2: gli imprenditori segnalano un peggioramento delle vendite correnti, compensato però da aspettative più favorevoli e da un giudizio sulle scorte in progressivo decumulo, elemento che potrebbe favorire un riequilibrio nei mesi successivi.

Diversa la situazione nell’industria, dove la fiducia continua a indebolirsi. Nella manifattura, l’indice scende da 89,5 a 88,4, con tutte le componenti in territorio negativo: giudizi sugli ordini, livelli produttivi e aspettative mostrano una dinamica sfavorevole, riflettendo un contesto internazionale ancora complesso. Anche nelle costruzioni l’indicatore cala, da 102,6 a 101,0: se da un lato migliorano le valutazioni sugli ordini e sui piani di costruzione, dall’altro emergono attese di riduzione dell’occupazione, segnale di un settore che sconta il rallentamento degli incentivi e l’incertezza sulle politiche di investimento pubblico.

Un elemento positivo arriva però dall’export. In base ai giudizi trimestrali degli imprenditori manifatturieri attivi sui mercati esteri, nel quarto trimestre 2025 diminuisce la quota di imprese che dichiarano difficoltà nelle esportazioni. Un segnale che suggerisce un parziale allentamento delle strozzature commerciali e una migliore capacità di adattamento delle aziende italiane nei mercati internazionali.

Nel complesso, il quadro che emerge a fine 2025 è quello di un’economia che non accelera, ma mostra segnali di stabilizzazione, con una fiducia sostenuta dai servizi e da una percezione più positiva delle condizioni individuali. La sfida per il 2026 sarà trasformare questo miglioramento del sentiment in crescita reale, attraverso investimenti, politiche industriali mirate e una gestione efficace delle transizioni energetica e digitale.