Con l’avvio previsto nel 2027 del nuovo sistema di scambio delle quote di emissione di CO₂ noto come EU ETS 2, l’Europa cambia passo nella lotta ai cambiamenti climatici anche per i settori finora “esclusi”: riscaldamento domestico, trasporti su strada e piccoli consumi energetici. Ma la transizione verde rischia di tradursi, per molte famiglie italiane e per le microimprese, in un duro impatto economico. È questa la conclusione alla quale giunge lo studio “La normativa EU ETS 2 e le sue conseguenze attese in Italia”, presentato alla seconda giornata del XVIII Forum QualEnergia di Legambiente, Kyoto Club e della rivista Nuova Ecologia.
Secondo le simulazioni, una famiglia tipo — tra spesa per riscaldamento, elettricità e carburanti — potrebbe arrivare a pagare fino a 230 euro in più all’anno rispetto all’attuale situazione. I numeri, tutt’altro che trascurabili, nascondono però forti disuguaglianze territoriali e sociali. Al Sud e nelle isole, dove il mix energetico utilizza in misura minore fonti rinnovabili, l’aumento delle bollette elettriche potrebbe raggiungere i 56 euro annui. Al Nord, invece, la spesa aggiuntiva riguarderebbe soprattutto il riscaldamento a gas, con rincari fino a 195 euro.
Per le piccole imprese e i negozi, l’impatto si estende ancora di più: a livello europeo, i costi addizionali stimati potrebbero arrivare a circa 8,75 miliardi di euro l’anno, considerando un prezzo della CO₂ intorno ai 50 euro a tonnellata. Nel settore dei trasporti, la misura è già vista da alcune associazioni — come Conftrasporto — come un “nuovo shock prezzi”, con rincari del 20% per il gasolio e oneri aggiuntivi pari a miliardi per il settore della logistica e del trasporto merci.
Di fronte a questi numeri, gli ambientalisti e i firmatari dello studio chiedono che l’ETS 2 non resti solo uno strumento punitivo, ma diventi una leva per una transizione giusta. Le proposte includono incentivi alla riqualificazione energetica degli edifici, un accesso facilitato all’autoconsumo e al teleriscaldamento, la mobilità sostenibile diffusa e la creazione di Nuclei territoriali permanenti per monitorare gli effetti sociali della transizione.
Va detto che l’ETS 2 — come tutti gli strumenti di carbon pricing — ha un obiettivo chiaro e ambizioso: far pagare il costo ambientale delle emissioni, creando un incentivo economico reale per ridurre l’uso di combustibili fossili e accelerare la transizione verso l’energia pulita. Ma perché questo percorso non si traduca in una penalizzazione sociale per le famiglie e le microimprese più fragili, servono contromisure efficaci e tempestive.
La vera sfida sarà adattare le misure green a un contesto socio-economico reale, evitando che i rincari energici si traducano in un aggravio insostenibile per le classi meno abbienti, mentre le aziende — già in difficoltà — subiscano un ulteriore colpo nella competitività. Se così non sarà, l’ETS 2 rischia di diventare non solo uno strumento di decarbonizzazione, ma una nuova causa di disuguaglianze.
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