Attentato sotto casa di Sigfrido Ranucci. Un’esplosione nella notte, due auto in fiamme e la paura che si riaffaccia in un Paese dove fare giornalismo d’inchiesta può ancora costare la vita. Sigfrido Ranucci, conduttore di Report e volto storico del giornalismo investigativo italiano, ha denunciato un attentato dinamitardo contro di lui e la sua famiglia.
Due ordigni rudimentali hanno distrutto l’auto del giornalista e quella della figlia, parcheggiate davanti all’abitazione di Campo Ascolano, alle porte di Roma, nella serata del 16 ottobre.
La deflagrazione, racconta lo stesso Ranucci, è stata così potente da scuotere l’intero quartiere e da danneggiare anche la casa accanto. Solo il caso ha evitato la tragedia: la figlia del giornalista era passata da lì appena venti minuti prima.
“Sono in auto con la scorta dei carabinieri e sto andando a denunciare quanto accaduto”, ha dichiarato il conduttore all’ANSA. “Con tutte le minacce che riceviamo, non è semplice risalire alla matrice.”
Sull’episodio indaga la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che procede per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso. Gli inquirenti, coordinati dal pm Carlo Villani e dall’aggiunto Ilaria Calò, stanno raccogliendo le prime informative di Digos e carabinieri, intervenuti insieme ai vigili del fuoco e alla scientifica.
Ranucci, dieci anni sotto scorta e un clima di delegittimazione crescente
Non è la prima volta che il giornalista finisce nel mirino. Ranucci vive sotto scorta dal 2014, dopo le minacce di morte ricevute in seguito ad alcune inchieste legate a mafia e criminalità economica. Negli ultimi mesi aveva denunciato un “clima di isolamento e delegittimazione” e diversi episodi inquietanti: due proiettili P38 ritrovati davanti casa e pedinamenti di soggetti identificati dalla scorta.
La trasmissione Report, con un video pubblicato sui social, ha mostrato le immagini delle auto distrutte e sottolineato che l’esplosione “avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”.
Reazioni politiche: “Un attacco vile alla libertà di stampa”
L’attentato ha suscitato reazioni immediate e trasversali dal mondo politico.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato di “un gesto vile e inaccettabile, che colpisce la libertà stessa di informazione”.
La premier Giorgia Meloni ha espresso “piena solidarietà e ferma condanna per un grave atto intimidatorio”, ribadendo che “la libertà e l’indipendenza dell’informazione sono valori irrinunciabili della democrazia”.
Anche i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani hanno espresso solidarietà, definendo l’episodio “di una gravità inaudita”. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato il rafforzamento delle misure di protezione per il giornalista e la sua famiglia, assicurando “il massimo impegno per individuare i responsabili”.
Dal fronte dell’opposizione, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha parlato di “attentato alla democrazia e alla libertà di informazione”, chiedendo “una reazione compatta delle istituzioni contro ogni intimidazione al giornalismo d’inchiesta”.
Anche la Rai ha espresso solidarietà attraverso una nota firmata dall’amministratore delegato Giampaolo Rossi, ribadendo che “l’essenza vitale della democrazia è la libertà informativa che la Rai garantisce e che i suoi giornalisti rappresentano”.
Un segnale d’allarme per la democrazia
L’attacco a Ranucci non è solo un fatto di cronaca. È un campanello d’allarme per la tenuta democratica del Paese, dove chi indaga su potere, criminalità e corruzione continua a essere bersaglio di minacce, querele e delegittimazioni.
Colpire un giornalista sotto scorta significa colpire la fiducia pubblica nella libertà di parola e nel diritto dei cittadini di conoscere la verità.
Finché non saranno chiariti i mandanti e la matrice, l’esplosione di Pomezia resta un monito inquietante su quanto sia fragile la libertà di informazione, anche nel cuore dell’Europa.
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