La questione delle concessioni per gli stabilimenti balneari sulle spiagge italiane è stata al centro del dibattito politico ed economico negli ultimi tempi, sia per la durata eccessivamente lunga delle assegnazioni, sia per il fatto che spesso sono state conferite senza un’adeguata concorrenza.
La proroga respinta
Il governo italiano aveva deciso di prorogare le concessioni per gli stabilimenti balneari sulle spiagge del paese per fornire un po’ di stabilità agli operatori turistici, soprattutto dopo l’anno difficile attraversato dal settore a causa della pandemia di COVID-19. Una decisione che è stata recentemente messa in discussione dal Consiglio di Stato italiano, che ha deciso di disapplicare la cosiddetta “legge delle mille proroghe”, che prevedeva la proroga automatica delle concessioni per gli stabilimenti balneari per un massimo di 60 anni.
Il 1° marzo, infatti, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell’Agcm, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, contro la decisione del Comune di Manduria, in provincia di Taranto, di prorogare fino al 2033 le concessioni: il prolungamento della licenza sarebbe stato in contrasto con le normative europee in materia di concorrenza e di libero mercato.
Gli operatori attendono aprile
E’, quindi, iniziato da parte del governo un lungo lavoro di mappatura delle concessioni per gli stabilimenti balneari i cui risultati dovrebbero essere resi pubblici ad aprile. Si tratta di un passo importante verso una maggiore trasparenza e equità nelle assegnazioni delle concessioni; tuttavia, anche se la questione dovesse essere portata davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ci vorranno probabilmente mesi, se non anni, per arrivare a una decisione definitiva.
Nel frattempo, gli operatori turistici e i turisti che frequentano le spiagge italiane sono in attesa di capire quale sarà il futuro delle concessioni per gli stabilimenti balneari. Ma quali potrebbero essere i rischi per il territorio?
Una volta liberalizzate, le concessioni balneari rientrerebbero tra i settori che possono essere influenzati dalla Direttiva Bolkestein, in quanto consentono alle imprese di offrire servizi balneari sulle spiagge pubbliche in base a un contratto di concessione rilasciato dalle autorità locali.
La direttiva Bolkestein
La Direttiva Bolkestein è una legge europea introdotta nel 2006 che mira a promuovere la libera concorrenza nel mercato dei servizi tra gli Stati membri dell’Unione Europea per rimuovere le barriere alla libera prestazione di servizi all’interno dell’UE.
La Direttiva prevede che le imprese possano fornire servizi in altri paesi dell’UE senza dover sottostare alle regole nazionali del paese ospitante, a condizione che rispettino le norme di base in materia di sicurezza e igiene.
I rischi
Uno dei principali rischi associati alla concessione di servizi balneari in base alla Direttiva Bolkestein è la concorrenza sleale che potrebbe verificarsi tra le imprese locali e quelle straniere. Le imprese straniere potrebbero offrire servizi a prezzi più bassi rispetto alle imprese locali, grazie a costi operativi e di manodopera più bassi nei loro paesi d’origine. Ciò potrebbe portare a una riduzione della qualità dei servizi offerti dalle imprese locali e, in ultima analisi, a una perdita di posti di lavoro.
Inoltre, le imprese straniere potrebbero non essere soggette alle stesse norme di sicurezza e igiene che sono richieste ai balneari locali, portando a un rischio per la salute dei bagnanti e riducendo l’attrattiva delle spiagge locali.
Tuttavia, è importante sottolineare che la Direttiva Bolkestein non prevede la liberalizzazione completa dei servizi balneari, ma solo la possibilità di fornire servizi balneari in altri paesi dell’UE e che lascia agli Stati membri il diritto di imporre requisiti nazionali in materia di igiene, sicurezza e protezione ambientale per garantire la qualità dei servizi e la protezione dei consumatori.
Si tratta di un tema delicato, in merito al quale le future decisioni potrebbero avere ripercussioni significative sull’industria turistica italiana, già profondamente penalizzata dagli effetti della pandemia, che continua a rappresentare una fonte importante di entrate per il nostro Paese.
di Serena Lena