Salario minimo, soldi, salari

Nuovi dati dell’Istat confermano la riduzione dei salari a disposizione dei lavoratori italiani. Il tema che ha tenuto banco anche nell’ultima campagna elettorale torna dunque al centro del dibattito della politica italiana.

Confrontando le variazioni a prezzi costanti nelle componenti del costo del lavoro tra il 2007 (anno che precede la crisi economica) e il 2020 risulta che “i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzioni mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%, la retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10%”.

E’ quanto emerge dall’indagine “Reddito e condizioni di vita” 2021, con riferimento, per quel che riguarda il reddito, agli anni 2019 e 2020 dell’Istat.

Nel dettaglio

Nel 2020, rileva l’Istat, con i redditi netti da lavoro dipendente in calo del 5%, il valore medio del costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è pari a 31.797 euro, il 4,3% in meno dell’anno precedente. La retribuzione netta a disposizione del lavoratore – si legge nel rapporto – è pari a 17.335 euro e costituisce poco più della metà del totale del costo del lavoro (54,5%).

Il voto in Parlamento

Lo scorso 30 novembre l’aula della Camera ha approvato con 163 sì, 121 no e 19 astenuti la mozione di maggioranza che diceva no al salario minimo. La Camera, in quella sede, respinse anche le mozioni presentate da Pd, M5s, Azione-Italia viva e Alleanza Verdi e Sinistra sulle quali il governo aveva dato parere negativo. L’esecutivo dovrà invece “raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori attraverso una serie di iniziative, a partire dall’attivazione di percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, per monitorare e comprendere motivi e cause della non applicazione”.