C’è un silenzio che fa rumore. Un silenzio che sa di fastidio, quasi di paura. Kevin De Bruyne, uno dei più grandi centrocampisti della storia del calcio moderno, è atterrato in punta di piedi a Roma per sostenere le visite mediche con il Napoli. Nessun tappeto rosso, nessun breaking news da parte delle principali reti sportive, nessuna diretta social che inchioda lo spettatore all’evento. Eppure, parliamo dell’arrivo in Serie A di un calciatore che ha scritto pagine epiche del calcio europeo con la maglia del Manchester City.
Lì dove si dovrebbe celebrare, si tace. Lì dove si dovrebbe riconoscere la grandezza, si sminuisce. Ma perché?
È chiaro: Kevin De Bruyne logora chi non ce l’ha.
Se fosse sbarcato a Torino o a Milano, i titoli si sarebbero sprecati: “Colpo dell’estate”, “Scacco matto alla Champions”, “Rinascita del calcio italiano”. Invece arriva a Napoli, una città che ha smesso da tempo di aspettare conferme esterne e ha iniziato a costruirsele da sola, stagione dopo stagione, scudetto dopo scudetto. E allora meglio minimizzare, oscurare, far finta di niente. Perché ammettere che il Napoli ha portato a casa De Bruyne significa riconoscere che oggi il centro del potere calcistico italiano si è spostato — e non piace.
Il curriculum del belga parla da solo: sei Premier League, una Champions League, una pioggia di coppe nazionali e internazionali. Inserito più volte tra i candidati al Pallone d’Oro, re degli assist, leader tecnico e carismatico in campo. Eppure, 34 anni vengono usati come alibi per relegarlo a una nota di margine. Lo stesso trattamento che non veniva riservato a giocatori meno influenti, ma “stranamente” destinati ad altre piazze.
L’arrivo di De Bruyne non è solo il simbolo di una campagna acquisti ambiziosa. È una dichiarazione di intenti da parte del presidente De Laurentiis e di mister Conte: Napoli vuole restare in vetta e competere anche in Europa. Dopo due scudetti in tre anni, non si cerca una conferma, ma un consolidamento. De Bruyne non è un’operazione nostalgia. È una scommessa vincente su una certezza calcistica.
Il popolo napoletano, quello sì, ha capito. La folla raccolta fuori da Villa Stuart per vederlo, fotografarlo, acclamarlo, ha dato il benvenuto a un campione che, nel silenzio altrui, sarà celebrato da chi veramente conta: i tifosi. Quelli veri.
E così Kevin De Bruyne è arrivato a Napoli tra l’indifferenza mediatica ma con l’amore del popolo. Un amore che logora chi non ce l’ha. Un calciatore che logora chi non può permetterselo. E forse, in fondo, è questo che fa davvero paura: che Napoli oggi sia una scelta. Una destinazione. Un punto d’arrivo. E che il calcio italiano, invece, non sia ancora pronto ad accettarlo.
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