Rivolta Los Angeles

La situazione a Los Angeles è precipitata nelle ultime ore, trasformandosi in un fronte di scontro politico e istituzionale tra la Casa Bianca e lo Stato della California. Le proteste esplose venerdì scorso nel centro della metropoli contro la politica anti-immigrazione del presidente Donald Trump hanno portato a violenti scontri con la polizia, culminati con l’invio di 2.000 soldati della Guardia Nazionale ordinato direttamente dalla presidenza.

Trump ha affidato a Truth Social un messaggio che ha alimentato ulteriori tensioni, definendo la situazione “davvero brutta” e chiedendo di “fare arrivare le truppe”, arrivando persino a sollecitare “l’arresto di chiunque indossi una mascherina”. Una dichiarazione che ha destato forte preoccupazione a livello nazionale per le sue implicazioni in termini di libertà civili.

Le manifestazioni, inizialmente pacifiche, hanno visto alcuni partecipanti incappucciati dare fuoco a un’auto, un gesto che ha inasprito la risposta delle forze dell’ordine. Secondo il capitano Raul Jovel della LAPD, “gli agenti sono sotto attacco” e le autorità stanno procedendo con nuovi arresti. Tre poliziotti sono rimasti feriti in modo non grave.

Nel centro cittadino, dove si sono verificati i principali scontri, sono state arrestate in totale 27 persone. Di queste, 17 dalla California Highway Patrol, durante lo sgombero della Highway 101, e 10 dalla polizia di Los Angeles durante le risse in strada. Tra i capi d’accusa figurano il lancio di una molotov contro un agente e l’utilizzo di una motocicletta come arma contro un cordone di polizia.

Le immagini della Guardia Nazionale in assetto da guerra e le testimonianze di proiettili di gomma sparati ad altezza occhi e gambe, come riportato da una giornalista ANSA presente sul posto, hanno scatenato un’ondata di critiche a livello nazionale e internazionale.

A rincarare la dose è intervenuto il governatore democratico della California, Gavin Newsom, che ha accusato il presidente di “comportamento da dittatore”. In un post su X (ex Twitter), Newsom ha affermato: “Incitare e provocare la violenza, creare caos di massa, militarizzare le città, arrestare gli oppositori. Questi sono atti di un dittatore, non di un presidente”.

A fare da sfondo a questa escalation, l’entrata in vigore del divieto d’ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di 12 Paesi a maggioranza musulmana e africana, deciso dal presidente Trump e operativo dalla mezzanotte di oggi. Il decreto, secondo la Casa Bianca, è stato varato per “proteggere il Paese da terroristi stranieri e altre minacce alla sicurezza nazionale”. Tra i Paesi colpiti figurano Afghanistan, Iran, Yemen, Sudan, Libia, Eritrea e Haiti.

Infine, la presenza di 500 marines pronti al dispiegamento su ordine del segretario alla Difesa Pete Hegseth conferma il livello di militarizzazione della risposta federale, in una città che da giorni appare sospesa tra manifestazioni spontanee, tensioni razziali e proteste contro le politiche presidenziali.


Leggi le notizie di Piazza Borsa

Per restare sempre aggiornato, segui i nostri canali social FacebookTwitter e LinkedIn