Ministro Urso Imprese - Green deal

La legge di bilancio 2026 segna un passaggio cruciale nella strategia industriale del governo Meloni. Al centro della manovra c’è un pacchetto di 13 miliardi di euro destinati alle imprese, con l’obiettivo di sostenere gli investimenti produttivi, accelerare la transizione energetica e rafforzare la competitività del sistema industriale italiano in un contesto globale sempre più complesso.

A delineare la cornice è il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che rivendica una manovra orientata non solo al sostegno congiunturale, ma a una visione strutturale di politica industriale. Le risorse, spiega, saranno messe a disposizione attraverso strumenti già noti alle aziende, come iperammortamento, contratti di sviluppo e Nuova Sabatini, con un’attenzione particolare agli investimenti in beni strumentali avanzati e in impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il cuore dell’intervento resta il Piano Transizione 5.0, che il governo intende rendere più semplice e accessibile, ampliandone la platea anche alle imprese energivore, finora penalizzate da criteri stringenti e da una complessità procedurale che ne ha limitato l’efficacia. L’impegno dell’esecutivo, assicura Urso, è quello di garantire il beneficio a tutte le imprese che ne avranno diritto, anche nella fase di passaggio verso il pieno regime dell’iperammortamento, che entrerà a regime con la dichiarazione dei redditi del 2026.

Non mancano, tuttavia, elementi di realismo. Per una parte del tessuto produttivo, in particolare le imprese del Centro-Nord, il 2025 e l’inizio del 2026 rappresenteranno una fase di “Purgatorio”, in attesa che i nuovi strumenti dispieghino pienamente i loro effetti. In questo quadro si inserisce anche la revisione del Fondo di garanzia per le Pmi, che sarà ricalibrato per favorire soluzioni transattive e procedure negoziate nella gestione della crisi d’impresa, spostando l’asse dalla logica emergenziale a quella preventiva.

Il capitolo più strategico riguarda però l’automotive, settore simbolo della transizione industriale europea e terreno di confronto politico con Bruxelles. Urso rivendica il superamento del “totem del 2035”, ovvero il divieto di vendita dei motori endotermici, definito un muro ideologico che l’Italia ha contribuito a incrinare. Il nuovo corso europeo, fondato sui principi di neutralità tecnologica e Made in Europe, apre spazi rilevanti per la filiera nazionale, dalla meccanica all’energia.

In questo contesto, il nuovo piano Ue per l’auto viene letto come un’opportunità anche per la produzione nazionale di acciaio, con un riferimento diretto all’ex Ilva, e per le raffinerie chiamate a riconvertirsi verso i biocarburanti. Centrale, secondo il ministro, sarà la riforma del Cbam (il meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere), che dovrà diventare più incisiva per tutelare l’industria europea dalla concorrenza extra-Ue e garantire condizioni di parità sui costi ambientali.

La partita, tuttavia, non è solo industriale ma geopolitica. L’Europa, avverte Urso, deve dotarsi delle risorse necessarie per recuperare competitività sia nei confronti della Cina sia degli Stati Uniti, assicurandosi una reale autonomia strategica sulle tecnologie green, dalle batterie ai pannelli fotovoltaici. In questa prospettiva si inserisce anche il dibattito sull’accordo Ue-Mercosur, che l’Italia non ha ancora sottoscritto, in attesa del completamento delle garanzie a tutela dell’agricoltura europea e dei consumatori. Solo così, sostiene il ministro, l’intesa potrà trasformarsi in una vera opportunità per le imprese italiane, aprendo in modo equilibrato il mercato dell’America Latina.

Nel disegno complessivo del governo, la manovra 2026 diventa così un ponte tra emergenza e strategia, in cui incentivi, transizione e politica industriale si intrecciano con la sfida di ridefinire il ruolo dell’Italia nella nuova geografia economica europea.


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