Pensioni fornero Meloni

Pensioni. Il governo Meloni, nonostante le promesse elettorali, sembra destinato a confermare la legge Fornero. Le ultime notizie dai tavoli tra governo, imprese e sindacati indicano che difficilmente ci sarà una vera riforma del sistema pensionistico. Dal 2023 continueranno a valere le regole del 2012: pensione di vecchiaia a 67 anni o anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne).

L’esecutivo si limiterà a prorogare alcune misure temporanee come Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103. La motivazione è la grave situazione dei conti pubblici, con la spesa pensionistica che assorbe 341 miliardi nel 2024, il 16,2% del Pil

L’Osservatorio per la separazione dell’assistenza dalle pensioni, istituito proprio per trovare risparmi, non ha ancora prodotto risultati: dopo l’incontro del 26 giugno tra governo, sindacati e imprese, ha convocato nuovi tavoli a luglio e settembre. Per Cgil e Uil si tratta di un modo per perdere tempo: la ministra Calderone non conosce ancora le risorse disponibili per il 2024 e si attende il Nadef di settembre. La Cisl plaude al metodo, gli altri sindacati, che volevano un’uscita flessibile a 62 anni o con 41 di contributi, no.

Si punta a confermare e allargare Ape Sociale e Opzione Donna, includendo più lavori usuranti (pensione a 63 anni con 30-36 anni di contributi) e riducendo i paletti per Opzione Donna. Quota 103 ha avuto solo 17mila domande, se ne accoglieranno 14mila su 41mila stimate. Nella manovra sono stati tagliati 10,5 miliardi in 3 anni dalle pensioni, in gran parte dalla rivalutazione degli assegni medio-alti. Penalizzata Quota 41 per i lavoratori precoci, nonostante gli annunci su “Quota 41 per tutti”.

L’uscita flessibile dipende da misure temporanee, rinnovate di anno in anno senza una visione d’insieme. Nulla è stato previsto per i giovani, se non incentivi ai fondi pensione, ma intanto il decreto lavoro amplia precarietà e voucher, destinando giovani e donne a pensioni povere. L’idea è scaricare la flessibilità sulle aziende, con incentivi ai prepensionamenti attraverso il contratto di espansione, ma non tutte le imprese possono permettersi 7 anni di anticipo. D’altro canto, il contratto di espansione penalizza i lavoratori, con forti tagli alle future pensioni. Un tema su cui, forse, si discuterà nei prossimi mesi. Se ci sarà tempo.

di Serena Lena