Crisi del commercio, chiusi 85 mila negozi

In 9 anni sono scomparsi quasi 85 mila negozi fisici, di cui quasi 4.500 durante la pandemia. Una crisi del commercio già preesistente che con i vari lockdown e restrizioni ha subito un’ulteriore spallata. Tra gli elementi che hanno determinato questo quadro drammatico anche la riduzione dei redditi da lavoro, l’inflazione e l’incertezza. A questi dati si aggiungono anche i circa 10mila persi nel commercio ambulante, per arrivare a circa 100mila attività scomparse.

Lo rende noto Mariano Bella, Direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, illustrando un’analisi dell’Ufficio Studi che riguarda 120 comuni medio grandi, escludendo Milano, Napoli e Roma perché multicentriche, dove è stato analizzato dal 2008 a giugno 2021 l’andamento dello stock delle imprese del commercio al dettaglio, inclusi gli ambulanti, ripartito in 11 categorie merceologiche, e dei settori degli alberghi e delle attività di ristorazione.

Una grossa parte della riduzione è dovuta “alla stagnazione dei consumi di tipo strutturale che affligge l’Italia da tanto tempo. Oggi i consumi in termini reali sono sotto i livelli del 1999 e lo stesso parametro in termini pro capite si colloca sotto i valori del 1998, cioè 17.297 euro del 2021 contro i 17.708 euro di 25 anni fa”.

Contrazione dei consumi

Stando alle stime di Confesercenti, inoltre, il Covid ha cancellato quasi 4mila euro di spesa a famiglia. Il dato è la somma della riduzione dei consumi rispetto al livello pre-crisi registrata in media da ogni famiglia nel 2020 (-2.653 euro) e nel 2021 (-1.298 euro), per un totale di -3.951 euro. Nel primo anno di pandemia in Italia sono stati persi 183 miliardi di PIL e 137 miliardi di consumi, di cui: 86 miliardi durante la prima ondata (marzo-giugno 2020) e 51 tra novembre 2020 e marzo 2021.

Forti le differenze fra settori di attività.

Il comparto abbigliamento-accessori registra una caduta di 38,5% a gennaio 2022 vs gennaio 2020 e di -24,1% negli ultimi 12 mesi rispetto a febbraio 2019-gennaio 2020. Sempre negativa anche la ristorazione18% nel mese di gennaio e -24,3% se confrontata a 2 anni fa.

Continua il recupero del commercio fisico non alimentare, che chiude gennaio a +5,3% su gennaio 2020 e raggiunge pressoché la parità, -0,2%, anche nel confronto su due anni fa (febbraio 2019-gennaio 2020). Si tratta di un comparto che, complice la pandemia, ha costretto la maggior parte degli italiani a passare maggiore tempo in casa e a un utilizzo più frequente dei canali digitali per gli acquisti.

Quanto ai canali di vendita, il settore viaggi si conferma quello più in sofferenza con 36,6%, mentre il commercio di prossimità (aree periferiche delle metropoli e cittadine di provincia) rimane la destinazione preferita dai consumatori registrando un -12,9%. Andamento negativo per i centri commerciali che chiudono gennaio 2022 a 33%, gli outlet-26,7% e le strade commerciali -30,9%.

Ristorazione e alberghi, perdono rispettivamente il 27,3% e quasi il 35%, mentre i servizi culturali e ricreativi il 21,5%. Ci sono anche altri comparti con cali a doppia cifra, come i trasporti (-16%) e l’abbigliamento e le calzature (-10,5%).

L’avanzata delle imprese straniere

Tra il 2012 e il 2021 le imprese nel complesso di tutti i settori economici sono stabili in numero, effetto di un calo di circa 190mila unità delle italiane e di un analogo incremento delle straniere (la cui quota passa dal 7,8% del totale al 10,6%).
Nel commercio spariscono 200mila imprese italiane e ne emergono quasi 120 mila straniere; la quota delle straniere quasi raddoppia in nove anni: dal 10,7% al 19,1%. Stesse dinamiche per l’occupazione: considerando il commercio, gli alberghi e i pubblici esercizi, a fronte di 150mila italiani in meno ci sono 70mila stranieri in più.

Nelle aree geografiche, sempre nel mese di gennaio 2022 vs gennaio 2020, gli andamenti sono tutti negativi, che confermano l’andamento generale del mercato a 25,1%. L’andamento migliore, sia pure in negativo, si registra al Centro con -23%, seguito dal Sud -23,6% e dal NordOvest -25,2%. Il NordEst è l’area peggiore con il -28,3%.