Francesco Megna
Alcune primarie logiche che hanno governato gli investimenti negli ultimi tempi sono mutate rapidamente e gli investitori devono posizionarsi di conseguenza, adattandosi ai nuovi sviluppi. La rotazione dei portafogli che si è concretizzata sinteticamente negli ultimi giorni, ha dunque dei chiari fondamenti. In tale contesto, è logico nel complesso adottare una condotta più accorta e limitare le sovrapposizioni azionarie alle azioni a bassa capitalizzazione, a società solide ma con limitate prospettive di crescita e agli emergenti.
Tra le principali cause, la pratica speculativa che prevedeva di prendere in prestito yen giapponesi a basso rendimento per finanziare l’acquisto di una valuta in un Paese con un alto tasso di interesse, è oramai alla fine con la Banca Giapponese che pare possa rivedere la sua politica di tassi negativi, mentre gli altri Istituti centrali continuano ad alzare i tassi. Questa strategia rende poco vantaggioso per gli investitori prendere in prestito yen a tassi bassissimi per investirli in altri Paesi, mutando così uno dei metodi più utilizzati recentemente. il rapporto tra rendimento alla scadenza e vita residua, noto come curva dei rendimenti, si sta riordinando. Nei prossimi mesi i tassi di interesse a brevissimo termine americano dovrebbero scendere intorno al 3% col decennale intorno al 4%.
Questa ipotesi induce a pensare che i rendimenti dei bond a lunga scadenza potrebbero aver raggiunto il loro scopo in questo contesto. Calano gli utili delle società quotate ad elevata capitalizzazione che sta comportando un movimento al ribasso per i titoli negoziati all’interno dell’MTA nella classe Large Cap, condizionando così gli investitori che hanno puntato su questo segmento. Inoltre le elezioni americane hanno avuto storicamente un impatto rilevante  sui mercati: l’analisi evidenzia che i rendimenti dello Standard and poor 500 sono stati più elevati nel periodo antecedente  le elezioni presidenziali rispetto agli anni  precedenti, mentre i rendimenti in equity sono stati inferiori anche nei periodi  da uno a dodiici mesi dopo le elezioni rispetto ai periodi analoghi negli anni senza elezioni presidenziali.
Più in generale, i presidenti eletti non condizionano particolarmente i mercati azionari: contano invece le promesse fatte in campagna elettorale che, se non mantenute, possono orientare l’andamento nell’anno successivo all’elezione. Si indebolisce il mercato del lavoro:  l’economia ha infatti creato 820.000 posti di lavoro in meno nei 12 mesi che si sono chiusi in marzo: prima di questa revisione elaborata dall’unità del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti risultava che gli States avessero creato quasi 3 mln di posti, mediamente 240mila al mese.
Con la suindicata revisione la media è di poco più di 170mila posti al mese. Questo indebolimento potrebbe causare una più marcata volatilità dell’economia, con conseguenze sia favorevoli che negative per diversi settori economici . Chi investe deve accettare un contesto di mercato differente rispetto a poco tempo fa, con un approccio prudente e vigile sulle nuove dinamiche di mercato, cercando di sfruttare a proprio vantaggio le opportunità che sicuramente si presenteranno.