Eletto nella circoscrizione del Sud Italia durante le scorse elezioni europee, Danilo Della Valle, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle, sta affrontando i primi mesi di mandato in un contesto internazionale estremamente delicato.
Pochi giorni dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, l’Europa si ritrova ad affrontare decisioni dirompenti prese dagli Stati Uniti, tra cui l’uscita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dagli Accordi sul Clima di Parigi. Della Valle, che siede nella Commissione Affari Esteri dell’Europarlamento, riflette in questa intervista sull’impatto di questi cambiamenti, sulle implicazioni geopolitiche e su come le decisioni globali ricadano direttamente sui territori e sui cittadini europei.
L’Europa sembra molto lontana dalle questioni locali. Cosa si può fare dall’Europarlamento per avvicinarla ai cittadini?
Innanzitutto, è vero che l’Europa sembra sempre troppo lontana, ma in realtà è molto più vicina di quanto si percepisca. Molti temi nazionali, che poi ricadono a livello locale, nascono proprio a Bruxelles. Io, ad esempio, faccio parte della Commissione Esteri, e stiamo lavorando su temi che, pur sembrando distanti, in realtà toccano direttamente i cittadini. Pensiamo, ad esempio, al costo delle bollette o all’aumento dei prezzi: dietro queste problematiche ci sono questioni globali, come la guerra o la crisi energetica, che si discutono e si affrontano anche in sede europea.
Può fare qualche esempio concreto?
Certamente.Le questioni che violano diritti o che contrastano con i principi dell’Unione Europea trovano spazio nelle discussioni parlamentari. Questo tipo di lavoro, anche se apparentemente lontano, ha un impatto concreto sui territori.
Parlando di politica internazionale, con l’elezione di Trump gli equilibri sembrano essere cambiati. Come vede l’Europa di fronte a un’America che si allontana da accordi come quello di Parigi, sul clima?
Ho affrontato questo tema di recente in plenaria. Credo che l’amministrazione Trump abbia mostrato un modello che, se fosse stato cinese o russo, avremmo definito oligarchico senza esitazioni. Tuttavia, la realtà è che anche con l’amministrazione Biden il potere di lobby e grandi miliardari è evidente. Non vedo un cambiamento sostanziale nella politica americana da questo punto di vista.
Quindi, crede che l’Europa debba mantenere la propria rotta?
Assolutamente sì. Sulla questione climatica, ad esempio, l’Europa sta cercando di restare coerente con gli obiettivi degli accordi di Parigi, nonostante l’atteggiamento degli Stati Uniti. Ma è sulla geopolitica che vedo il vero punto critico: Trump si è allontanato da molti accordi e ha introdotto una politica di dazi che potrebbe avere ricadute gravi anche su di noi.
I dazi potrebbero danneggiare l’Europa?
Certo, e dobbiamo esserne consapevoli. L’Europa rischia di essere il campo di battaglia economico tra Stati Uniti e Cina. Una buona parte dell’economia europea, come quella tedesca, dipende fortemente dal mercato cinese. Se la Germania, già in fase recessiva, dovesse subire ulteriori contraccolpi, sarebbe un problema enorme anche per l’Italia. La politica dei dazi verso la Cina, e addirittura verso l’Europa stessa, rappresenta una minaccia diretta alla nostra stabilità economica.
Qual è, dunque, il ruolo dell’Europa in questo scenario?
L’Europa deve fare di più per rafforzare la propria posizione geopolitica ed economica. Non possiamo limitarci a reagire alle scelte degli altri.
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