Le emissioni dello stabilimento dell’ex Ilva di Taranto nel mirino della procura. Ieri, all’indomani “della nuova rottura tra Governo e Arcelor Mittal” sulla gestione dell’azienda, carabinieri del Nucleo Operativo ecologico di Lecce sono infatti tornati negli uffici e nelle sedi dell’impianto siderurgico “per dare seguito a un ordine di acquisizione di documenti relativi alle emissioni, in particolare in zona cokeria e rispetto al benzene, ma non solo, firmato dai pubblici ministero Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo”. Lo scrive oggi la Gazzetta del Mezzogiorno, in un articolo firmato dal direttore Mimmo Mazza.
I due magistrati sono titolari di una inchiesta “a carico di persone note – continua l’articolo – aperta nei confronti dei gestori dello stabilimento siderurgico di Taranto, per inquinamento ambientale e getto pericoloso di cose. Sotto i riflettori sono finite le emissioni dal 2018 ad oggi, in pratica nel periodo di gestione di Arcelor Mittal. Da mesi le emissioni di benzene nell’atmosfera sono sotto osservazione: sia le autorità sanitarie, sia l’Arpa Puglia hanno evidenziato un aumento delle concentrazioni di questo gas inquinante. Nonostante non si sia finora superato – prosegue la Gazzetta – il valore soglia fissato dalla norma, 5 microgrammi per metro cubo d’aria come media annuale, sono tuttavia i picchi periodici di benzene e la particolarità della situazione ambientale di Taranto a richiedere, per le autorità sanitarie e gli organi di vigilanza, un supplemento di attenzione”.
Il blitz è arrivato a poche ore dalla trattativa saltata tra ArcelorMittal e Governo in cui “la delegazione del governo – ha informato Palazzo Chigi – ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva”. Ma la trattativa subisce un brutto stop.
La richiesta dei sindacati
Ma i sindacati non aspettano l’11 gennaio per far arrivare le loro prime reazioni. “L’indisponibilità di Mittal, manifestata oggi nell’incontro con il governo, è gravissima, soprattutto di fronte alla urgente situazione in cui versano oramai i lavoratori e gli stabilimenti, e conferma la volontà di chiudere la storia della siderurgia nel nostro Paese”, affermano Fim Fiom e Uilm, in una nota unitaria. Un incontro, prosegue la nota, che “conferma quello che Fim Fiom Uilm hanno denunciato e per cui hanno mobilitato i lavoratori: la necessità di un controllo pubblico e la mancanza di volontà del socio privato di voler investire risorse sul futuro dell’ex Ilva”.
E dall’incontro di giovedì i sindacati si attendono dal governo “una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale”.
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