Energia. La crisi tra Russia e Ucraina, oltre a preoccupare per gli equilibri del vecchi continente, ha messo a nudo i defici energetici italiani. Mentre al confine ovest dell’Europa politica l’esercito russo sta occupando militarmente l’Ucraina, in Italia si discute di sanzioni e reazioni contro uno degli stati con cui il ‘bel Paese’ intrattiene i maggiori rapporti economici.
E’ il ‘fattore energetico’ a preoccupare maggiormente. L’Italia importa dalla Russia circa il 45% del gas del proprio fabbisogno; una fornitura che nell’ultimo decennio è aumentata del 27%. Chiudere unilateralmente i rubinetti non sarebbe sostenibile da Roma che, con Berlino e Nicosia, sta cercando di limitare le sanzioni sul comparto energetico da infliggere alla Russia.
All’orizzonte una frenata della transizione ecologica
Un ulteriore choc – e conseguente carenze di forniture – metterebbe a dura prova l’intera economia italiana, già provata dalla pandemia, e alle prese con una difficile ripresa.
Al momento, la linea della prudenza ha avuto la meglio in Ue, che non è in grado di sbarazzarsi da un giorno all’altro dalla dipendenza dal gas. Non a caso, il combustibile fossile è stato classificato dalla stessa Commissione Ue tra le fonti di transizione più importanti. Ma con l’avanzata delle truppe russe, l’arrivo delle sanzioni si fa sempre più vicino.
Ripiego sul carbone è dietro l’angolo
Durante l’informativa alla Camera dei deputati, venerdì mattina, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dedicato ampio spazio all’argomento, evocando a scenari delicati e spesso problematici. Per quanto riguarda i piani d’emergenza, ammortizzati dal buon sistema di stoccaggio nazionale, il premier ha parlato di flessibilità dei consumi di gas, di sospensioni nel settore industriale e di regole sui consumi nel settore termoelettrico.
Ma tra le strategie in studio non c’è solo una riduzione dei consumi sul breve periodo: per smarcarsi dalla Russia, Draghi (e il ministro Roberto Cingolani) hanno in mente di riaprire le centrali a carbone, intensificare la produzione di gas nazionale e aprire all’import diversificato (Gnl americano e Tap in primis). L’opzione carbone sarebbe un problematico passo indietro sul fronte ambientale, soprattutto a fronte degli impegni presi a livello internazionale nelle ultime Cop. La possibilità è stata citata solo per un momento durante il discorso, ma è bastata per dividere la platea di deputati tra applausi e brusii.
Accelerare sulle rinnovabili e produrre più gas nazionale
Pur riconoscendo l’importanza delle rinnovabili (fronte su cui l’Italia è ancora molto indietro), Draghi ha ribadito che il gas resta essenziale come combustibile di transizione. Oltre a rafforzare il corridoio sud e a migliorare la capacità di rigassificazione, Draghi ha invocato l’aumento della produzione nazionale di energia a scapito delle importazioni. «Perché – ha detto – il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro». Quale sia il progetto non è ancora chiaro – se intendano puntare sugli impianti già esistente o tornare a parlare di trivelle. In ogni caso, la soluzione non sembra delle più immediate: potrebbero volerci decenni prima di riuscire a produrne abbastanza.
Energia, Draghi: “Avremo più Gpl da Usa”
“Il governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nellʼinformativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina.”
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