Secondo un’inchiesta del Financial Times, alcuni funzionari tedeschi e ungheresi, con il sostegno di altre capitali europee, starebbero valutando un ritorno all’acquisto del gas russo come parte di una strategia per favorire un accordo di pace in Ucraina. La prospettiva di un’intesa, se concretizzata, potrebbe abbassare i prezzi dell’energia in Europa, incentivare Mosca al negoziato e spingere entrambe le parti a un cessate il fuoco duraturo.
L’ipotesi, però, ha generato forti divisioni all’interno dell’Unione Europea. I paesi dell’Europa orientale si oppongono fermamente, dopo anni di sforzi per ridurre la dipendenza dalle forniture energetiche russe. Anche gli esportatori statunitensi di gas naturale liquefatto (GNL) guardano con preoccupazione alla possibilità di un ritorno del transito di gas russo, temendo che possa rendere le loro esportazioni meno competitive.
Attualmente, l’obiettivo ufficiale dell’UE rimane quello di eliminare completamente i combustibili fossili russi entro il 2027. Il commissario europeo per l’energia, Dan Jørgensen, presenterà a marzo un piano per raggiungere questo traguardo. Tuttavia, la situazione economica delle imprese europee continua a mettere sotto pressione Bruxelles affinché garantisca forniture più economiche, dato che l’energia importata in Europa costa attualmente tre o quattro volte di più rispetto a quella statunitense, incidendo negativamente sulla competitività.
Nel 2024, il gas russo via tubo ha rappresentato il 10% dell’offerta totale europea, ma i volumi si sono dimezzati dopo la scadenza del contratto di transito attraverso l’Ucraina il 1° gennaio. Attualmente, l’unico gasdotto attivo che porta gas russo in Europa è il TurkStream attraverso la Turchia, che fornisce circa 7,5 miliardi di metri cubi di gas all’Ungheria. Budapest e il governo filo-russo della Slovacchia stanno facendo pressioni sull’UE affinché convinca Kiev a riavviare il transito del gas.
Secondo Matteo Villa, esperto dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), l’Europa avrebbe convenienza economica nel tornare ad acquistare gas russo in misura controllata, poiché ciò contribuirebbe a ridurre i prezzi energetici senza garantire a Mosca profitti eccessivi. Villa sottolinea che le entrate russe dal gas sono ormai in netto calo, mentre l’Europa ha dimostrato di poter sopravvivere senza le forniture russe, anche se a costi più elevati.
La questione rimane aperta: continuare con l’attuale strategia di indipendenza energetica o valutare una ripresa degli acquisti di gas russo per ridurre i costi e stabilizzare la situazione geopolitica? Il dibattito è destinato a intensificarsi nei prossimi mesi, in un delicato equilibrio tra interessi economici e sicurezza internazionale.
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