Reddito di Cittadinanza giorgia Meloni

Abolirlo no, ma modificarlo sì: così Giorgia Meloni ha promesso in campagna elettorale di intervenire sul reddito di cittadinanza, escludendo diversi beneficiari che, di fatto, oggi lo ricevono. Come potrebbe cambiare quindi il sussidio Inps destinato alle famiglie in difficoltà e ai disoccupati e inoccupati in cerca di lavoro?

Non è un mistero, anzi, l’abolizione del reddito di cittadinanza è stato uno dei cavalli di battaglia della destra. In campagna elettorale, infatti, Giorgia Meloni non aveva fatto sconti a chi, come il Movimento Cinque Stelle, difendeva a spada tratta il sussidio, e lo stesso avevano fatto molti suoi alleati (da Matteo Salvini, leader della Leda, a Francesco Lollobrigida, capogruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati, giusto per citarne alcuni).

Questo zelo iniziale è stato però poi abbandonato, forse anche a fronte dei sondaggi elettorali che facevano perdere terreno alla destra, sposando i voti verso i pentastellati. Così la leader Fdi è di nuovo tornata – più cauta- sul reddito di cittadinanza, proponendone non la sospensione ma il miglioramento. Come? Per esempio destinando il sussidio solo a determinate categorie di soggetti. Quelli, secondo lei, che possono essere considerati più fragili, a rischio e, quindi, maggiormente bisognosi di tutele.

Chi saranno i nuovi esclusi dal reddito di cittadinanza?

Nello specifico, il nuovo governo Meloni potrebbe riconoscere il reddito di cittadinanza solo a: over 60 privi di reddito, e quindi disoccupati; invalidi; famiglie in difficoltà con minori a carico (anche se in questo caso non sono stati specificati i requisiti per cui un nucleo familiare può essere considerato più o meno “in difficoltà”). Al contrario, il reddito di cittadinanza potrebbe essere tolto a chi ha tra i 18 e i 59 anni ed è in grado di lavorare.

Una scrematura, questa, che si basa solo su condizioni anagrafiche e fisiche che escludono qualsiasi tipo di disabilità ma che, allo stesso tempo, non tiene conto di tutta una serie di condizioni ambientali, sociali e economiche che spesso differiscono da regione a regione (e a volte da città a città).

Chi vuole salvare il reddito di cittadinanza

Bruxelles al riguardo ha non poche perplessità. Sussidi come il reddito di cittadinanza, quindi, non sono visti come mezzucci utilizzati da chi non vuole lavorare, al contrario, sono inseriti a pieno titolo nel “Piano d’azione del Pilastro europeo dei diritti sociali”, che – tra l’altro – mira a dare lavoro ad almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Per raggiungere questo obiettivo, però, il sostegno al reddito deve essere accompagnato da politiche inclusive di attivazione del mercato del lavoro.

Giorgia Meloni può prendere le distanze da quelle che sono le raccomandazioni Ue? Sì, può farlo. Le conviene? Probabilmente no.

Gli Stati Membri infatti possono ricevere finanziamenti dell’Ue e supporto tecnico per i loro investimenti e per le riforme che riguardano l’attuazione di un sistema che assicura il reddito minimo (come il reddito di cittadinanza appunto). Per esempio, con un budget di quasi 99,3 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, c’è il Fondo sociale europeo Plus (FSE+) destinato all’attivazione di piani di l’inclusione sociale. Poi c’è il programma per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI), che sarà integrato nel FSE+, per sostenere i progetti pilota innovativi sul reddito minimo (con quasi 10 milioni di euro).

E ancora i piani nazionali nell’ambito del PNRR coprono un’ampia gamma di riforme e investimenti per rafforzare i sistemi di protezione sociale degli Stati membri in relazione alla loro efficacia, qualità e resilienza, soprattutto se questi investimenti si concentrano sulla lotta alla povertà e sul miglioramento dell’accesso ai servizi essenziali.

Di conseguenza, in un periodo in cui l’Italia deve fare i conti con una forte spinta inflazionistica, poter contare su aiuti internazionali e avere supporto da parte di Bruxelles può veramente fare la differenza. C’è da dire anche che, fino a quando le alleanze non sono state definite, la destra al governo potrebbe scendere a compromessi – anche sul reddito di cittadinanza – per assicurarsi la maggioranza in Parlamento. Ma questo è tutto da vedere.