I bambini che frequentano il nido hanno più spesso entrambi i genitori occupati, con un maggiore livello di istruzione e con un reddito più alto rispetto ai bambini che non frequentano. Il costo elevato delle rette, insieme alle barriere all’accesso dovute alla scarsità di posti, rappresentano ancora un ostacolo per molte famiglie, nonostante i contributi introdotti dallo Stato e da diverse Regioni. Così l’Istat nel Report sui servizi per la prima infanzia pubblicato oggi.
L’asilo nido è questione di reddito
Il rischio di povertà è tra le condizioni che limitano l’utilizzo del nido, creando una forbice di circa 10 punti percentuali rispetto ai nuclei che non vivono la stessa condizione sociale: solo il 17,9% i bambini di 0-2 anni a rischio di povertà sono iscritti al nido, contro il 27,5% dei loro coetanei.
I criteri di accesso al nido pubblico, che privilegiano le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, operano una selezione all’ingresso che tende ad escludere le famiglie monoreddito, tendenzialmente meno abbienti e meno inclini a sostenere l’ammontare della retta nei nidi privati.
La condizione lavorativa della madre è la discriminante maggiore della frequenza del nido, infatti, i bambini con la madre lavoratrice frequentano nel 34,2% dei casi, contro il 12,9% dei bambini la cui madre non lavora.
Anche un più alto titolo di studio dei genitori garantisce ai bambini maggiori opportunità di accesso al nido: si passa dal 36,9% di frequenza nelle famiglie con almeno un genitore laureato (o con titolo superiore) al 16% per famiglie con al massimo il diploma di scuola secondaria superiore.
Dal punto di vista socio-economico la distanza fra le famiglie che utilizzano il nido e quelle che non lo utilizzano sembra non attenuarsi, al contrario i divari risultano più accentuati nel 2021 rispetto al 2017.