I dati parlano chiaro. L’Italia è il Paese europeo che, in percentuale rispetto al proprio PIL, investe meno in “educazione”, una categoria che comprende la scuola dell’obbligo, l’università, servizi sussidiari all’educazione e altri tipi di formazione. L’Italia destina a scuole e università il 4,3% del PIL, posizionandosi all’ultimo posto della classifica europea, contro il 4,7% della Germania, il 5,2% della Polonia o il 5,9% della Finlandia.
Dati storici
Per quanto riguarda unicamente l’istruzione scolastica, nel 2009 si spendeva per la scuola il 3,8% del PIL che si è gradualmente ridotto fino al 3,2% del 2019 per poi aumentare al 3,5% nel 2020, anno però caratterizzato da un crollo del PIL causa pandemia. Un taglio negli ultimi 10 anni che corrisponde quasi a 10 miliardi di euro.
Disparità tra ‘ricchi e poveri’
Non si tratta soltanto di una questione di quantità, ma anche di qualità degli investimenti. Il sistema di finanziamento privilegia, infatti, scuole e università già avvantaggiate, incrementando ulteriormente le disparità e venendo meno alla missione fondamentale della scuola: fornire a tutti le stesse opportunità.
Basti pensare che più del 50% (circa 4 miliardi di euro) del Fondo di finanziamento ordinario – il principale strumento per finanziare l’università – viene assegnato in maniera proporzionale al numero di studenti e personale organico di ogni complesso, a cui si aggiungono altri 2 miliardi destinati agli atenei che ottengono migliori risultati in termini di impatto della ricerca e preparazione degli studenti. 6 miliardi su circa 8 complessivi che vanno, di fatto, a esacerbare le disuguaglianze già presenti sul nostro territorio, come dimostra il crescente divario tra università del Nord e quelle del Sud.
Istruzione ed edilizia scolastica
Il tema dei tagli all’istruzione è un argomento tornato tristemente alla ribalta dopo il recente crollo avvenuto qualche settimana fa all’Università di Cagliari. Si tratta dell’undicesimo caso simile da settembre e del 46esimo da settembre 2021. Un fenomeno che non solo mette in pericolo la salute dei ragazzi, ma mina inevitabilmente anche la funzione di accoglienza e sicurezza che viene attribuita in molti casi ai luoghi di istruzione.
La prima ragione di questo evento ripetuto è da ricercare nell’età anagrafica: in Italia 3 edifici su 4 superano i 40 anni. Secondo l’indagine condotta dal Ministero dell’Istruzione, infatti, soltanto il 25% degli edifici è stato costruito dopo il 1980.
Nell’ambito del PNRR sono stati stanziati 5.2 miliardi di euro attraverso 6 linee di investimento per le infrastrutture scolastiche: di questi, 1 miliardo di euro circa sarebbe destinato a costruzione di nuovi edifici e 4 miliardi alla messa in sicurezza e riqualificazione di quelli già esistenti.
Ad oggi, però, i termini di applicazione sono ancora piuttosto deludenti: il Ministero dell’Istruzione ha autorizzato appena il 19% degli interventi, erogato appena l’1% delle risorse e dei 30.040 interventi autorizzati soltanto 19.015, meno di due su tre, sono stati conclusi.
Numeri che raccontano un Paese in cui la scuola è all’ultimo posto nella scala delle priorità: un intervento è necessario affinché l’Italia possa ripartire da una base di uguaglianza e inclusione.
di Serena Lena