Ritorna nuovamente il tema della disoccupazione giovanile e non è mai stato così impellente come nei tempi attuali. Un articolo ANSA che riporta dei dati di Censis-Eudaimon, affronta di petto la tematica, portando sul tavolo dei dati un rapporto (il sesto, per la precisione), che affronta diacronicamente l’evoluzione dell’occupazione giovanile nella decade 2012-2022.
In un periodo lungo una decade (nel quale, ricordiamo, una pandemia e diverse crisi si sono avvicendate), il quadro dell’occupazione giovanile che ne emerge è un quadro disastrato, una tela astratta che non può far altro che vedere in ottica peggiorativa gli esiti di una forza lavoro che, da come prevede la stima Censis-Eudaimon, continuerà a scemare anche nel corso delle prossime due decadi. Nella fascia dei 15-34 anni, infatti, si registra un calo degli occupati che supera i 7.5 punti percentuale (-7,6%) cui, secondo le previsioni, si aggiungerà un ulteriore -1,6%.
Ciò che emerge con certezza, tuttavia, è che siamo all’interno di un flusso particolarmente ondivago. Da una recente indagine dell’OCSE, infatti, di cui ci siamo occupati, la posizione dell’Italia non ne uscirebbe (e a buon diritto!) privilegiata. Secondo i dati ISTAT pubblicati recentemente da Fanpage, invece, afferenti al novembre 2022, la disoccupazione giovanile aveva imboccato una parabola discendente (23%).
Percentuali, comunque, alte, simbolo di un’Italia che non investe e che ha reso poco appetibile le proprie offerte. Un’Italia che non è in grado di offrire più opportunità ai giovani, nei confronti dei quali poche sono le prospettive di un impiego sicuro e dignitoso. Forse, sulla scorta di queste considerazioni, la definizione di rarità data dall’ANSA rappresenta una descrizione più che accurata per quello che è un fenomeno di silente protesta.