La prima conferenza stampa del 2025 di Donald Trump, presidente eletto e in attesa di insediarsi, ha delineato uno scenario internazionale teso e ricco di provocazioni. Dazi, minacce militari e ambizioni espansionistiche sono stati i temi principali di un discorso che sembra destinato a ridefinire l’approccio geopolitico degli Stati Uniti nei prossimi anni.
Dalla sua residenza di Mar-a-Lago, ribattezzata “Casa Bianca d’inverno”, Trump ha attaccato con forza i partner commerciali e gli alleati storici, preannunciando una “nuova età dell’oro” per gli Stati Uniti. Il Canada, minacciato di dazi e addirittura di annessione come 51esimo Stato americano, ha risposto con fermezza. La ministra degli Esteri canadese, Melanie Jolie, ha dichiarato su X: “Non ci arrenderemo mai di fronte alle minacce”, mentre il primo ministro dimissionario Justin Trudeau ha ribadito che “mai e poi mai il Canada farà parte degli Stati Uniti”.
Le tensioni non si fermano al confine settentrionale. Trump ha evocato la possibilità di una conquista militare della Groenlandia e del Canale di Panama, sostenendo che questi territori siano “essenziali per la sicurezza economica e militare americana”. In Groenlandia, il figlio del presidente, Don Jr., ha incontrato rappresentanti politici locali per valutare la possibilità di un accordo, suscitando la reazione indignata della premier danese Mette Frederiksen, che ha dichiarato: “La Groenlandia appartiene ai groenlandesi e non è in vendita”.
Anche il Messico è stato al centro delle provocazioni di Trump, che ha annunciato l’intenzione di rinominare il Golfo del Messico in “Golfo d’America” come simbolo di riaffermazione della supremazia americana. Sul fronte della NATO, ha avvertito gli alleati che la sua amministrazione potrebbe richiedere un aumento delle spese per la difesa fino al 5% del PIL, pena un ritiro degli Stati Uniti dall’alleanza.
Le dichiarazioni hanno scosso profondamente le cancellerie di mezzo mondo, mentre gli analisti politici si interrogano sull’effettiva possibilità di trasformare queste parole in azioni. Sebbene alcune minacce sembrino eccessive, come quella di annessione del Canada o di intervento militare in Groenlandia, Trump ha già dimostrato in passato una notevole capacità di destabilizzare lo scenario internazionale con azioni inaspettate.
Mentre il presidente eletto promette una politica improntata alla “grandezza americana”, l’impatto globale di queste dichiarazioni è stato immediato. La Danimarca ha già rafforzato i simboli di sovranità groenlandese nel proprio stemma reale, mentre in Canada e Messico cresce l’allarme per un’escalation di tensioni con il vicino settentrionale.
Sul fronte interno, Trump ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari per la costruzione di data center negli Stati Uniti da parte dell’imprenditore emiratino Hussain Sajwani, confermando la priorità data al rilancio economico. Tuttavia, le sue dichiarazioni lasciano intravedere una presidenza che farà della retorica muscolare e dell’unilateralismo le sue cifre distintive.
La comunità internazionale si prepara dunque a una nuova era di instabilità, in cui la politica estera americana potrebbe trasformarsi in un vero e proprio Risiko globale.
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