PHEIC, ovvero «Public Health Emergency of International Concern» (emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale). È una sigla che ormai ci siamo abituati a conoscere. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato ben sei volte lo stato di PHEIC a partire dal 2009, anno della pandemia da virus influenzale H1N1, seguita nel 2014 dalla poliomielite e dall’emergere di casi di Ebola in Africa centrale, nel 2015/16 dalla diffusione di Zika, e nel 2018-20 ancora a causa dell’epidemia di Ebola in tre stati dell’Africa occidentale, per finire con la pandemia da COVID-19.
In diversi casi si è trattato di crisi localizzate, in altri di eventi globali, ma sempre di fenomeni ritenuti «straordinari», che hanno richiesto perciò una risposta internazionale coordinata, ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale, messo a punto nel 2005, dopo la crisi causata nel 2003 dalla SARS.
Cos’è il monkeypox?
E ora quindi la volta del monkeypox (vaiolo delle scimmie). Sebbene il comitato di emergenza, che in una prima riunione si era espresso in senso contrario, rimanesse diviso sull’opportunità di dichiararlo PHEIC, il DG dell’OMS ha ritenuto quindi che fosse importante porre il tema all’attenzione degli stati membri al fine di favorire una chiamata all’azione.
Di fatto, il monkeypox, per decenni confinato nell’Africa tropicale, a partire dal mese di maggio ha iniziato a diffondersi in Europa (oltre 10mila casi dall’inizio della sua comparsa). Fortunatamente, il ceppo virale che sta circolando anche da noi (in Italia sono stati sinora segnalati al Ministero della Salute, che ha da tempo attivato un apposito sistema di sorveglianza, 407 casi, di cui solo 2 in persone di sesso femminile) è simile a quello endemico in Africa occidentale, e causa forme cliniche meno aggressive rispetto a quello presente in Africa centrale. In Africa, i casi di monkeypox sono aumentati nel tempo a seguito della fine delle campagne vaccinali e della conseguente eradicazione del vaiolo, un parente stretto ma ben più virulento del vaiolo delle scimmie. Infatti, il vaccino è in grado di prevenire anche il monkeypox in circa l’85% dei casi. Fino allo scorso anno, in Europa erano stati segnalati casi sporadici da importazione, finché qualcosa è cambiato, e il virus – una volta introdotto nel nostro continente- è stato amplificato da alcuni eventi, di cui il principale rappresentato dal «pride» tenutosi a maggio alle Canarie.
La trasmissione del virus
L’infezione, trasmessa attraverso il contatto diretto (incluso quello sessuale), non si è più fermata, ed eliminarla è diventato ormai difficile. È per questo che l’OMS ritiene necessario puntare l’attenzione su una infezione virale che non sembra essere né altamente trasmissibile né particolarmente aggressiva dal punto di vista clinico e viene ora dichiarata PHEIC. Insomma, non siamo di fronte a un nuovo COVID-19 e non sappiamo ancora se diventerà un fenomeno globale, ma – in un mondo già pieno di problemi – del vaiolo delle scimmie ne avremmo fatto volentieri a meno!