Gas Russia - le conseguenze di una guerra

Guerra si o guerra no? Mentre avanzano le trattative nello scacchiere politico una cosa è certa: se l’invasione russa dell’Ucraina dovesse verificarsi, oltre al costo delle vite umane, un caro prezzo lo pagherebbe anche l’Italia. Dal prezzo del gas a quello delle materie prime, sono tanti i prodotti che potrebbero costare molto più di adesso. Uno shock economico che si riverserebbe inevitabilmente sull’Italia per la sua dipendenza da Mosca.

La Russia partner fondamentale per l’Italia

Nel 1990, l’Ue riceveva infatti da Mosca ben il 75% delle sue importazioni di gas. Nel corso degli anni questa quota si è ridotta fino a toccare un minimo del 40% nel 2009 e 2010, quando per la prima volta la Russia chiuse i rubinetti verso l’Ucraina e parte dell’Unione. Negli anni successivi l’Ue ha cercato attivamente di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento di gas, in particolare puntando sul gas naturale liquefatto (GNL). Ma la “dipendenza” da Mosca è un fatto strutturale e geografico: è molto più facile ed economico trasportare gas via tubo. Dopo la Russia, i maggiori fornitori dell’Unione europea sono, nell’ordine, Norvegia, Algeria, USA e Qatar. Nessuno di questi, tuttavia, appare idoneo, specie nel breve-medio termine, a rimpiazzare adeguatamente il gas russo. La Russia, dunque, è un partner inevitabile.

L’escalation delle tensioni nel primo scorcio del 2022

Le origini di queste tensioni, sotto lo sguardo preoccupato dell’occidente, sono ormai note. Da tempo l’Ucraina cerca di entrare nella Nato, mentre Mosca vuole preservare la propria influenza su un’ex-repubblica sovietica con cui condivide oltre 1500 chilometri di confine e da cui transita quasi il 40% del gas russo destinato all’Europa.

Ma cosa accadrebbe all’Italia in caso di guerra?

Secondo un’analisi di Coldiretti, infatti, a rischio ci sarebbero in primis i prezzi dei cereali a livello internazionale, considerando che Russia e Ucraina insieme garantiscono circa il 33% delle esportazioni mondiali di grano. Se la Russia è il principale esportatore, infatti, l’Ucraina si piazza al terzo posto.

Ma non c’è solo il grano. L’Ucraina, infatti, è quinta per i 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale e settima per i 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane.

L’aumento dei prezzi

I prezzi, inoltre, potrebbero aumentare per il danneggiamento delle infrastrutture e per il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero, con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali, già in grande tensione, con effetti sull’inflazione (il mercato italiano sta facendo i conti con la Brexit per quel che riguarda il proprio export).

Ma non è finita qui. La crisi ucraina potrebbe far aumentare i rischi cibernetici ai quali sono esposte le imprese italiane che intrattengono rapporti con operatori situati in territorio ucraino, derivanti da possibili danni ad obiettivi digitali di quel Paese.

In questo scenario disastroso per l’economia italiana, risulterebbero fondamentali i 6 miliardi di euro della transizione ecologica e digitale (Pnrr) per rendere l’agricoltura protagonista e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali.

Ma è solo una goccia nel mare.