Marco Sarracino Pd Autonomia differenziata

La forte accelerazione impressa dall’attuale maggioranza al Governo alla riforma incentrata sull’autonomia regionale differenziata pone numerosi interrogativi anche fra coloro che sino ad oggi avevano poco sentito parlare dell’argomento.

Poco più di un mese fa il disegno di legge, promosso dal ministro per gli Affari regionali e per le autonomie, Roberto Calderoli, ha ottenuto il via libera definitivo del Consiglio dei ministri, adesso la parola passa al Parlamento. È una fase fondamentale poiché ora si può intervenire sul testo.
Sul tema abbiamo chiesto di rispondere ad alcune domande all’Onorevole Marco Sarracino, deputato nonché componente della segreteria nazionale del Partito Democratico con delega alla coesione territoriale, al Sud ed alle aree interne.

Si parla sempre più insistentemente di Autonomia differenziata, ritiente che la riforma possa essere uno stimolo anche per il Sud Italia, in che modo? 

In nessun modo. Purtroppo l’impostazione data dal Ministro Calderoli cristallizza le differenze territoriali e sociali che colpiscono il nostro Paese.
Si mettono in discussione diritti e opportunità che per i cittadini del mezzogiorno rischiano di non esser più costituzionalmente garantite. Penso al diritto alla salute, al diritto all’istruzione, alla mobilità a tutti quei segmenti di vita quotidiana in cui il sud storicamente parte da una condizione di svantaggio.

A proposito di autonomie, i presidenti di regione del Sud chiedono una ridefinizione dei Lep. Senza questi ultimi infatti si rischierebbe una maggiore divisione tra le aree del Paese. Lei cosa ne pensa?

Penso che abbiano ragione. Ma non è una preoccupazione solo dei governatori del sud ma anche di governatori di regioni del centro nord come Toscana ed Emilia. Definire i livelli essenziali delle prestazioni evita che la spesa storica penalizzi territori che presentano oggi gravi lacune. E’ l’eterno dibattito che ad esempio riguarda i servizi per l’infanzia. Ma il punto non riguarda solo la definizione dei Lep, ma anche la loro garanzia di finanziamento, su cui il Governo non dice assolutamente nulla.

Quali conseguenze pensa possa avere il Ddl sui rapporti tra gli Enti?

Se si prosegue con il ddl Calderoli senza aprire un confronto di merito sulle questioni sicuramente questo non è un bene per il Paese. Io mi richiamo alle parole del Presidente Mattarella che è garante della nostra Costituzione e della unità di questo Paese, “bisogna evitare conflitti tra istituzioni e territori che aprono fratture”.

Sul lungo periodo, se passasse la legge sulle Autonomie, quali sarebbero gli scenari per i servizi essenziali come scuola, sanità e infrastutture?

Se malauguratamente dovesse passare questo disegno di legge così com’è – e noi faremo di tutto perché ciò non avvenga – sarebbe un problema per l’Italia. Come ho già detto, è proprio su sanità, scuola e mobilità che si misura la coesione del paese. Quello che non possiamo permetterci è che ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B e che le opportunità di qualcuno possano dipendere dal territorio nel quale si nasce all’interno della stessa nazione. Rassegnarsi al fatto che un cittadino su queste materie debba avere un paese diviso in due è inaccettabile. Così come è inaccettabile che una persona che vive in questo paese non abbia parità di accesso alle cure sanitarie, che da Roma a Milano in treno debba impiegare tre ore mentre ne deve impiegare quasi 6 da Taranto a Reggio Calabria, che nelle aree interne non debba più trovare una scuola pubblica. Sono cose contro cui noi ci batteremo. Per noi è inaccettabile anche dal punto di vista etico.

La riforma per Autonomia sarà discussa in Parlamento, pensa che il confronto possa migliorare il testo?

Beh, non poteva essere diversamente.
Ma la questione non è che la proposta di riforma venga discussa formalmente ma che si accetti un confronto sostanziale e che si scenda nel merito appunto dei grandi capitoli che riguardano la declinazione fattiva dei nostri principi costituzionali. Ne va della esigibilità delle garanzie contenute nella nostra Carta Costituzionale. Ed è la ragione che ha visto mobilitarsi tanti costituzionalisti che hanno predisposto anche un documento che sta raccogliendo migliaia di adesioni. L’auspicio è che i Presidenti delle camere siano garanti di un processo di confronto che una riforma del genere comporta.

In quel caso i parlamentari dovranno votare secondo appartenenza politica o territoriale?

Credo che i parlamentari debbano esercitare la loro funzione in base a quello che prevede la Costituzione e che soprattutto prevalga il buon senso. Non penso che un parlamentare eletto nel mezzogiorno in uno dei partiti della maggioranza possa ignorare quelle che sono le istanze delle persone che lo hanno eletto. Se non prevarrà l’ideologizzazione dello scontro potremo fare del bene al paese, se invece dovesse prevalere il ricatto di una forza politica magari usando l’autonomia differenziata come merce di scambio per il presidenzialismo, allora saremmo davanti ad un pericoloso corto circuito per l’Italia.

di Alessandra Romano

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