Autonomia differenziata

Il disegno di legge sull’autonomia differenziata presentato dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli della Lega, è stato presentato al tavolo del Consiglio dei ministri.

L’autonomia differenziata si riferisce al riconoscimento da parte dello Stato dell’attribuzione a una regione di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato. La proposta si basa sul principio di “differenziazione”, ovvero la possibilità per le regioni di adottare norme e politiche diverse rispetto a quelle dello Stato centrale, in base alle esigenze del territorio e delle comunità locali.

La suddivisione delle competenze tra lo Stato e le regioni avverrebbe, quindi, in base alle caratteristiche specifiche di ogni territorio, lasciando alle regioni maggiori poteri decisionali su questioni come la sanità, l’istruzione, l’urbanistica, l’energia e l’ambiente, e allo Stato quelle di carattere nazionale come la sicurezza, la difesa e la politica estera.

Dubbi e critiche

La proposta ha sollevato dubbi e critiche da parte di economisti, sociologi e anche della stessa maggioranza di governo. La concessione di forme particolari di autonomia alle regioni a statuto ordinario sono previste dalla Costituzione, ma non sono mai state attuate a causa delle grandi differenze economiche e sociali tra regioni, che rendono particolarmente delicata l’approvazione di leggi in questo senso. 

Fra le modifiche discusse, le principali riguardano un rafforzamento del ruolo del Parlamento, che voterebbe l’atto di indirizzo invece che le commissioni parlamentari competenti, e l’aumento del periodo di preavviso di un anno prima della scadenza dell’intesa, nel caso in cui lo Stato o la regione non desiderino proseguire la collaborazione.

Infine, il punto più contestato della proposta riguarda il finanziamento dei livelli essenziali di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, conosciuti come Lep, che tutelano i diritti civili e sociali di cittadini e cittadine. Il testo all’articolo 3, infatti, prevede la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, con relativi costi e fabbisogni standard, tramite uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

La bozza elimina la “spesa storica” e prevede una Commissione paritetica “Stato-Regione” per determinare le risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l’esercizio della collaborazione.

La proposta di Calderoli, che potrebbe assicurare molti più finanziamenti alle regioni del Nord, ha quindi sollevato il rischio di aumentare le disuguaglianze a livello inter-regionale e spaccare in due il paese.

di Serena Lena