“E’ istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per il coordinamento amministrativo, il tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali (come previsto dall’articolo 10-quater del decreto legge 21 dicembre 2022 n. 198)”. Lo rende noto la Presidenza del Consiglio, spiegando che “il tavolo, acquisiti i dati relativi a tutti i rapporti concessori in essere delle aree demaniali marittime, lacuali e fluviali, definisce i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale sia di quello disaggregato a livello regionale e della rilevanza economica transfrontaliera.
Il tavolo è presieduto dal Capo del Dipartimento ed è composto da due rappresentanti tecnici per ciascuno dei seguenti ministeri: Infrastrutture e trasporti, Economia e finanze, Imprese e made in Italy, Ambiente e sicurezza energetica, Turismo, Protezione civile e politiche del mare, Affari regionali e le autonomie, Affari europei. Ne faranno parte anche un rappresentante delle Regioni e i rappresentanti delle associazioni di categoria”.
Bolkestein e la Corte di Giustizia Europea
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJUE) ha preso una decisione riguardo alle concessioni indefinite per gli stabilimenti balneari che potrebbe avere implicazioni di vasta portata. La sentenza, emessa il 20 aprile 2023, stabilisce, infatti, che le concessioni a tempo indeterminato per l’utilizzo delle spiagge sono in contrasto con il diritto dell’UE.
Il contesto
La decisione della CJUE è stata pronunciata in risposta a una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato italiano. La questione riguardava la legittimità delle concessioni a tempo indeterminato per l’utilizzo delle spiagge, in particolare quelle concesse agli stabilimenti balneari.
Gli stabilimenti balneari italiani, infatti, come quelli di molti altri paesi europei, operano spesso sulla base di concessioni statali che consentono loro di utilizzare una determinata area di spiaggia. Il rinnovo automatico delle concessioni balneari è stato introdotto in Italia con l’obiettivo di semplificare le procedure burocratiche e garantire la continuità del servizio per i turisti. Tuttavia, secondo le autorità europee, questa normativa crea un oligopolio di operatori economici che si dividono il mercato senza alcuna gara d’appalto, impedendo l’accesso di nuovi concorrenti.
Le motivazioni della Corte
La CJUE ha ritenuto che le concessioni a tempo indeterminato per gli stabilimenti balneari vìolano di fatto la Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno (la “Direttiva Servizi”), che mira a garantire la libera circolazione dei servizi all’interno dell’UE e la libertà di stabilimento degli operatori economici, eliminando le restrizioni discriminatorie e non discriminatorie. In particolare, la Corte ha sottolineato che tali concessioni possono ostacolare la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento, creando potenziali barriere all’ingresso nel mercato e discriminazioni nei confronti degli altri operatori economici, limitando, di fatto, la possibilità di offrire ai consumatori servizi migliori e più innovativi.
Le implicazioni
La sentenza della CJUE potrebbe avere un impatto significativo per chi attualmente detiene concessioni a tempo indeterminato, dando l’opportunità, di fatto, a nuovi operatori di partecipare a gare d’appalto per l’utilizzo delle spiagge.
Un altro risvolto positivo potrebbe essere quello di una gestione più sostenibile delle risorse costiere: poiché sarà richiesto agli Stati europei di garantire la trasparenza nell’assegnazione delle concessioni, saranno sicuramente tenuti in maggiore considerazione, tra i parametri di selezione dei candidati, gli obiettivi ambientali e sociali.