Gli investimenti delle società non finanziarie, «dopo il crollo registrato nel 2020 (-11,2%, -20,5 miliardi di euro), hanno registrato nel corso del 2021 un incremento del 17% (+27,6 miliardi), portandosi per 7 miliardi sopra il livello pre-crisi», e quindi il tasso di investimento è salito dal 21,3% del 2020 al 22,8%, «il livello più alto dalla crisi finanziaria del 2008». Lo rileva l’Istat nel suo report sul 2021. L’ente statistico sottolinea anche che «la dinamica positiva dell’attività produttiva» ha fatto aumentare i redditi da lavoro del 10,8%, facendo recuperare «totalmente la caduta dell’anno precedente».
Nel 2021 boom di acquisti case, anche grazie a bonus
Ripresa degli investimenti, ma non solo. Nel 2021 «gli investimenti in abitazioni delle famiglie consumatrici hanno mostrato un rilevante incremento (17,1 miliardi di euro, +28,9%) dopo un biennio di contrazione, anche grazie al sistema di incentivi alle ristrutturazioni».
Su redditi-consumi famiglie 2021, giù risparmio
Nel report l’Istat mette in evidenza anche un altro aspetto. Nel corso del 2021 – si legge nel documento – l’espansione dell’attività produttiva e il ritorno delle retribuzioni ai livelli del 2019 hanno generato una crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici del 3,8% (+42,5 miliardi di euro), dopo che nel 2020 si era avuta una contrazione del 2,7% (-30,6 miliardi). Il potere d’acquisto, pur aumentando del 2,1% su base annua, non si è riportato ai livelli pre-crisi. L’aumento dei consumi ha ridotto la propensione al risparmio, che è scesa al 13,1% (dal 15,6% nel 2020).
La ripresa economica del territorio
Nel “Rapporto Competitività 2022” l’Istat mette in evidenza che un importante aspetto relativo alla eterogeneità della ripresa economica riguarda la sua diffusione a livello territoriale. La specializzazione settoriale dei territori può avere determinato forti effetti sulla loro capacità di recupero. Tra i comparti industriali che hanno registrato una performance più brillante, la meccanica presenta un’incidenza occupazionale elevata nelle regioni settentrionali (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia, Emilia-Romagna); al contrario, le costruzioni assorbono quote di occupazione superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno.
Quest’ultima area appare inoltre diffusamente specializzata nelle attività di commercio-ristorazione, nonostante vi siano casi di elevata incidenza occupazionale in questi comparti anche in Liguria, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano.
Nelle attività di informazione e comunicazione, invece, la specializzazione supera la media nazionale solo in quattro regioni, tre al Nord (Piemonte, Lombardia, Provincia autonoma di Trento) e una al centro (Lazio). Riguardo ai settori che nel 2021 hanno evidenziato una performance meno positiva, il Centro-sud spicca per una specializzazione tendenzialmente più elevata nelle attività culturali e sportive e in quelle della logistica. Nei servizi legati al turismo la specializzazione ha invece una diffusione su tutto il territorio nazionale.
Effetto traino del Pnrr
Dagli investimenti legati al Pnrr ci si attende un importante ruolo di traino della ripresa dei settori produttivi. L’esercizio di simulazione degli effetti degli investimenti che fanno capo al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) evidenzia come, dei 38 miliardi di valore aggiunto complessivamente attivato dalle misure considerate, 14,1 miliardi attengano al comparto delle costruzioni, 8,4 agli altri servizi di mercato e 6,2 alla manifattura. Le costruzioni, a loro volta, generano l’ammontare di gran lunga più elevato di valore aggiunto in tutto il sistema, seguiti da quelli in ricerca e sviluppo e in servizi informatici. Questi tre comparti – ricorda ancora l’Istat – sono anche quelli nei quali gli investimenti del piano hanno un “rendimento” maggiore.