La Confederazione delle Piccole e Medie Imprese Siciliane (Confapi Sicilia) osserva con attenzione e crescente preoccupazione l’evoluzione della proposta di fusione tra UniCredit e Banco Bpm, evidenziando come un’operazione di tale portata possa ridisegnare in profondità l’intero assetto bancario nazionale, con potenziali impatti negativi sulle economie locali.
«Non siamo contrari a operazioni industriali di mercato, ma chiediamo con forza che non si traducano in un ulteriore arretramento dei servizi bancari nei nostri territori», ha dichiarato Dhebora Mirabelli, presidente di Confapi Sicilia. Una posizione netta, che mette al centro le esigenze dei territori più fragili, già oggi penalizzati da un processo di progressiva desertificazione bancaria.
Secondo i dati più recenti dell’Osservatorio di First Cisl, la Sicilia ha perso 470 sportelli bancari dal 2012, pari a una contrazione del 37,3%, un dato nettamente superiore alla media nazionale. Province come Enna hanno visto scomparire oltre la metà delle filiali (-56%), mentre ad Agrigento, Caltanissetta, Messina e Trapani il calo ha superato il 30%. Il fenomeno non è solo statistico: 371 mila cittadini siciliani vivono oggi in Comuni senza alcuno sportello bancario, mentre 516 mila hanno accesso a un solo punto fisico, e 19 mila imprese operano in territori completamente sprovvisti di banche.
In questo scenario, ha spiegato Confapi Sicilia, la sostituzione delle filiali fisiche con soluzioni digitali può contribuire all’efficienza operativa, ma non rappresenta una risposta inclusiva, soprattutto per le piccole e medie imprese che operano in contesti dove la banca è non solo un servizio, ma un presidio economico e sociale.
«Le nostre imprese hanno bisogno di interlocutori bancari capaci di ascoltare, valutare e affiancare, non di decisioni prese a centinaia di chilometri di distanza», ha affermato Carmelo Aristia, direttore di Confapi Sicilia. «Una concentrazione eccessiva senza contromisure territoriali rischia di standardizzare i criteri di valutazione, ignorando la complessità dei contesti locali. Questo non solo penalizza le aziende esistenti, ma scoraggia i giovani imprenditori, che sempre più spesso si vedono costretti a lasciare i territori interni per trovare servizi bancari e opportunità nei grandi centri urbani».
Confapi Sicilia chiede che ogni passo verso un’eventuale fusione sia accompagnato da precise garanzie di presidio territoriale e da una strategia di inclusione finanziaria che tuteli le esigenze delle PMI e delle comunità locali. La difesa del tessuto imprenditoriale regionale – avverte la Confederazione – passa anche da qui.
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