L’introduzione della legge di bilancio 2023 ha apportato una modifica rilevante alla disciplina fiscale delle criptoattività, stabilendo che le variazioni di valore delle monete digitali non influenzano il reddito delle imprese. In particolare, l’articolo 110, comma 3-bis, del TUIR esclude dalla formazione del reddito tutti i componenti, positivi o negativi, derivanti dalla valutazione delle criptovalute alla chiusura del periodo d’imposta.
Una banca, che ha iniziato operazioni di trading di criptovalute nel 2024, ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle Entrate sulla corretta applicazione della norma. In particolare, ha sollevato due questioni fondamentali:
Il primo interrogativo riguarda l’interpretazione dell’articolo 110, comma 3-bis, ovvero se la deroga sia totale e quindi escluda completamente l’applicazione delle disposizioni sulle rimanenze finali contenute nell’articolo 92 del TUIR.
Il secondo dubbio concerne la determinazione delle componenti fiscalmente rilevanti derivanti dall’attività di compravendita delle criptovalute. La banca ha chiesto se sia possibile applicare il criterio del costo medio ponderato (CMP) per determinare il valore fiscale delle operazioni, nonostante in bilancio le criptoattività vengano valutate al fair value.
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 78 del 20 marzo 2025, ha stabilito che l’articolo 110, comma 3-bis, del TUIR costituisce una deroga totale all’articolo 92, confermando che i guadagni e le perdite derivanti dalla valutazione delle criptovalute alla fine dell’esercizio non hanno rilevanza fiscale.
Ciò significa che non si applicano i criteri di valutazione del magazzino previsti dal codice civile e dall’articolo 92 del TUIR. Di conseguenza, le aziende che operano con criptoattività dovranno apportare variazioni in aumento o in diminuzione nella dichiarazione dei redditi, al fine di neutralizzare l’impatto delle variazioni delle rimanenze sul reddito d’esercizio.
Tale orientamento è stato confermato anche dalla circolare 30/2023, la quale chiarisce che le valutazioni delle criptoattività devono essere oggetto di specifiche variazioni fiscali in base alla loro classificazione in bilancio:
- Beni immateriali, in relazione agli eventuali ammortamenti non riconosciuti fiscalmente rispetto al valore di iscrizione;
- Rimanenze di beni materiali o attività finanziarie classificate nell’attivo circolante, in riferimento agli articoli 92 e 94 del TUIR;
- Attività finanziarie immobilizzate, in relazione alle rettifiche di valore di cui agli articoli 94 e 110 del TUIR.
Questa impostazione consente alle imprese di eliminare l’incertezza derivante dalla volatilità delle criptovalute, garantendo una maggiore stabilità nei risultati economici dichiarati.
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