Il 2024 si è rivelato un anno nero per il commercio italiano. Tra gennaio e dicembre hanno aperto solo 23.188 nuove imprese commerciali, mentre ben 61.634 hanno chiuso definitivamente i battenti, segnando il peggior bilancio degli ultimi dieci anni. Il rapporto tra aperture e chiusure è di quasi 1 a 3, un dato allarmante che riflette le difficoltà strutturali del settore.
Secondo l’analisi di Confesercenti, questa crisi è alimentata da diversi fattori: il rallentamento dei consumi, la carenza di credito e la curva demografica negativa. Se questa tendenza non verrà invertita, l’associazione di categoria avverte che entro il 2034 potremmo arrivare a zero nuove aperture.
Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confesercenti, evidenzia la gravità della situazione: “La desertificazione commerciale è un problema enorme sia dal punto di vista economico che sociale”. Secondo De Luise, fino ad ora sono stati compiuti pochi o nessun intervento per contrastare la scomparsa dei piccoli negozi, con il rischio che venga marginalizzato il canale distributivo che ha reso noti i prodotti italiani nel mondo.
Il pericolo, aggiunge, è che il mercato finisca nelle mani di pochi grandi operatori: “Se il trend attuale continuerà, il totale controllo della distribuzione commerciale passerà a pochi monopolisti e alle grandi multinazionali dell’online, con gravi conseguenze anche per i consumatori”.
La crisi del commercio richiede interventi urgenti per sostenere le piccole e medie imprese, favorire l’accesso al credito e incentivare il rilancio dei consumi. Senza azioni concrete, il rischio è quello di assistere alla progressiva scomparsa del commercio di prossimità e alla completa trasformazione del settore distributivo.
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