Tensione Russia Nato. L'invio armi in Ucraina tema elettorale

Cresce la tensione tra Russia e blocco Nato. La questione dell’invio di nuove armi a Kiev agita il governo e divide i partiti. Chi non ha mai avuto dubbi sulla necessità di sostenere l’Ucraina in ogni modo è la donna che sembra destinata a guidare quel governo di centrodestra di cui parla Salvini. Pur dall’opposizione, Fratelli d’Italia ha sempre votato a favore dei decreti sull’invio di armi e in queste settimane di campagna elettorale Giorgia Meloni ha puntato molto sull’atlantismo del suo partito per legittimarsi sul panorama intenzionale. L’adesione convinta alla Nato è il primo punto del programma condiviso della coalizione di centrodestra. Radicata a Occidente con Stati Uniti e Nato è anche la terza componente della coalizione. Per Forza Italia l’invio di armi a Kiev è «doveroso» purché si tratti di armi «difensive». Una posizione stabilizzatasi subito dopo che a giugno il Presidente di FI, Silvio Berlusconi, aveva detto che mandare armi in Ucraina rendeva il nostro paese di fatto «cobelligerante», salvo poi correggere il tiro.

Gli altri partiti

Sulla sponda opposta il Pd, il partito a cui appartiene il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha da subito garantito il massimo appoggio al governo Draghi, ribadendo anche in questo caso la necessità di fornire materiale bellico difensivo e non armi per attaccare il territorio russo. Qualche frizione sul tema potrebbe verificarsi all’interno della coalizione di centrosinistra, che include anche Sinistra Italiana e Verdi, fermamente contrari alle forniture di armi per «non prolungare la guerra».

“L’Italia smetta di inviare armi all’Ucraina e si dedichi piuttosto a favorire il dialogo tra le parti”, è anche il mantra del capo politico del Movimento Cinque StelleGiuseppe Conte, che nei giorni scorsi aveva affermato: «Non si dice che è Putin a non volere la pace». Il M5S ha votato a suo tempo i decreti Ucraina quando era ancora parte della maggioranza, ma proprio su questo tema si erano registrate a giugno le prime tensioni con l’esecutivo a guida Draghi, a cui poi il partito dell’ex premier ha tolto la fiducia.

Terzo Polo

L’appoggio al governo Draghi non è invece mai mancato, nemmeno sulle forniture militari a Kiev, da parte del leader di Italia Viva Matteo Renzi, il cui obiettivo dichiarato è mantenere l’attuale inquilino a Palazzo Chigi. Renzi ha definito «fondamentale» l’invio di armi a Zelensky, pur non cessando mai di sottolineare l’importanza di ricercare una soluzione diplomatica. Anche il suo attuale alleato nel Terzo Polo, Carlo Calenda, aveva definito quella di supportare militarmente Kiev una decisione «sofferta», ma necessaria per «contenere» la minaccia di Putin nei confronti dell’Occidente.

«No alla guerra, all’invio di armi e alle sanzioni» è uno dei punti del programma elettorale di ItalExit di Gianluigi Paragone, che gli ultimi sondaggi danno oltre la soglia di sbarramento del 3% e che propone addirittura l’uscita dell’Italia dalla Nato.

Linea diplomatica anche per Unione Popolare di Luigi de Magistris. L’ex sindaco di Napoli, sostenuto da Potere al Popolo e Rifondazione comunista, fin dall’inizio del conflitto ha ‘spinto’ per un tavolo di negoziati tra Ucraina e Russia.