Grano fermo nei porti, lo scenario di una crisi alimentare

Circa 27 milioni di tonnellate di grano ucraino sono bloccate nei porti del Paese dalle navi russe. È la stima fornita dalle Nazioni Unite per fotografare la situazione attuale relativa all’approvvigionamento alimentare. E la questione si fa seria giorno dopo giorno se non si trova un accordo specifico visto che l’export delle derrate avviene per il 95% via mare.

Crisi alimentare

Mariupol e Berdiansk nel mar d’Azov sono sotto controllo dell’esercito russo, così come Kherson nel Mar Nero. E poi c’è Odessa bloccata e circondata. Un duro colpo per l’economia dell’Ucraina dove il raccolto di grano stimato quest’anno è pari a 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti. Le conseguenze della guerra in Ucraina potranno presto abbattersi su buona parte del pianeta con aumento dei prezzi, carenze alimentari o addirittura carestia.

La situazione in Italia

In Italia al momento non vi sono problemi di mancanza di grano ma l’aumento del costo si è già visto riflettendosi sui beni di prima necessità. Da qui il recente appello delle associazioni di categoria per puntare ad una maggiore autosufficienza in termini di produzione di grano. Ma la questione è ben più ampia. L’accusa a Putin è di mettere sul tavolo internazionale l’arma della fame. Il controllo delle scorte alimentari – denuncia Coldiretti – rischia di creare notevoli disagi in Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina. A questi si aggiungono pure Libano, Tunisia Yemen, Libia e Pakistan che sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.

Le ripercussioni su Africa ed Europa

La questione riguarda direttamente l’Ue e più da vicino l’Italia perché una forte carestia genererebbe forte instabilità e massicci flussi migratori. Quali le soluzioni messe in campo per sbloccare la questione grano? Sono diverse. Il negoziato è la strada proposta già da tempo dal ministro degli Esteri Di Maio per sbloccare il passaggio delle navi col grano a bordo perché far arrivare delle navi militari occidentali nelle acque dove sono ora i russi vorrebbe dire lo scoppio della guerra di vasta scala. Un’altra soluzione di ripiego per far uscire dal Paese il grano ucraino sono i 4 porti fluviali del Danubio, ma sono vecchi e piccoli.

Difficile da praticare anche il trasporto autostradale verso Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia a causa della mancanza di carburante. Il diversivo è la rete ferroviaria che porta in Lituania aggirando la Bielorussia alleata di Mosca. Un primo carico è già arrivato ma il quantitativo trasportabile non è sufficiente a risolvere il problema in poco tempo. A scendere in campo è pure la Cina che propone un “canale verde” per l’export di grano da parte di Ucraina e Russia. Un passo importante della Cina, che avendo forti interessi in Africa punta a non destabilizzare la zona.

La via diplomatica

Si persegue intanto la via diplomatica per sbloccare le navi nel porto di Odessa. Nelle ultime ore si sono intensificate le comunicazioni tra l’asse Germania-Francia e il Cremlino. L’Eliseo ha confermato quanto reso noto da Mosca sulla “promessa” fatta dal presidente russo, Vladimir Putin, al francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco, Olaf Scholz, di “accordare un accesso delle navi al porto” di Odessa “per l’esportazione di cereali senza che esso sia utilizzato militarmente dalla Russia” se il porto stesso “sarà stato in precedenza sminato”.

La promessa – riferisce l’Eliseo – è stata fatta nel corso di una telefonata avvenuta sabato “su iniziativa di Macron e Scholz”.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron hanno da parte loro chiesto al presidente russo Vladimir Putin “negoziati diretti e seri” con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Lo ha reso noto il governo tedesco.

M. Alt.