Vaccini covid
L'iniezione di Novavax

Doveva essere l’arma finale contro il Covid 19.

Al contrario, il Novavax è stato il flop definitivo della campagna vaccinale in questo scorcio di 2022. Annunciato come il vaccino innovativo che avrebbe convinto anche gli indecisi non ha convinto gli italiani. A dieci giorni dal lancio sono soltanto 11 mila 590 le dosi somministrate ai cittadini. Come dire, Novavax, nonostante il suo mix di proteine ricombinanti e senza molecole di acido ribonucleico messaggero, non ha convinto neppure un piccolo paesino di provincia.

Il certificato di fallimento del Gimbe.

Oggi è arrivata anche la bocciatura della fondazione scientifica indipendente che monitora l’andamento della pandemia, ormai diventata endemia da Covid. «La speranza che questo vaccino, basato su una tecnologia più tradizionale rispetto agli innovativi vaccini a mRNA, potesse convincere gli indecisi è stata disattesa» ha dichiarato il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta.

La curva epidemiologica scende.

Fortunatamente. Nell’ultima settimana rilevata dall’istituto: 23-28 febbraio sono stati 275 mila i nuovi casi di Covid 19. A confermare un test in discesa ormai da cinque settimane. Meno 1 milione in pratica, rispetto alla settimana peggiore dell’ultima ondata di contagi. Quella che tra il 12 e il 18 gennaio aveva fatto segnare un aumento di 1 milione 243 mila nuovi casi. Numeri da brivido, ora tornati sotto controllo. O meglio al di sotto dei 320 mila nuovi casi in una settimana da cui a metà dicembre era ripartita la crisi.

Intanto il 31 marzo scade lo stato di emergenza.

E il governo dovrà decidere cosa fare. Gli italiani con il rifiuto dell’ultima generazione di vaccini disponibile sembra aver già preso la sua strada. Resta soltanto da capire cosa ci faremo delle oltre 3 milioni di dosi di vaccino consegnate al ministero della Salute dall’Unione europea. Al ministro, Andrea Costa, il compito di trovare lo spazio dove stoccare le rimanenti 24 milioni di fiale già prenotate per l’Italia da Bruxelles. Considerato il prezzo di vendita, definito in base alla ricchezza del paese in una forbice tra i 5 e i 20 dollari, il rischio che l’Italia possa aver bruciato fino a 435 milioni di euro è alto.