crisi forniture in Italia

La guerra in Ucraina comincia ad avere ripercussioni forti sul sistema economico italiano. In particolare, oltre all’aumento dei prezzi, si registrano le prime forti carenze di materie prime. Il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha tenuto in Cdm un’informativa sulle conseguenze della crisi in Ucraina sul settore produttivo italiano. Il ferro, la ghisa, il rame, ma anche i prodotti per l’allevamento sono solo alcuni in carenza. Le prime azioni per un’economia di guerra, secondo la relazione del ministro, consistono nel riallineare le regole europee ai tempi dell’emergenza.

Le misure per salvare le imprese italiane

La prima contromisura proposta è un fondo a supporto dei settori e dei comparti produttivi particolarmente colpiti, per evitare il rischio che un ulteriore aumento dei costi per l’approvvigionamento di materie prime e di semilavorati, in aggiunta all’impennata ai costi dell’energia, compromettano definitivamente la sopravvivenza delle imprese con conseguente crisi anche in termini occupazionali. Ancora, misure di protezione delle filiere nazionali disponendo il divieto di esportazioni di prodotti indispensabili all’attività di comparti di carattere strategico, sotto il profilo economico.

Misure che dovrebbero essere accompagnate dall’applicazione di dazi all’esportazione sempre al fine di evitare la fuoriuscita di prodotti essenziali all’attività del sistema italiano. E’ evidente che tale misura dovrebbe essere verificata a livello di Unione Europea. L’Italia, inoltre, dovrebbe individuare fornitori alternativi alla Russia e all’Ucraina in modo da compensare i blocchi o le limitazioni agli approvvigionamenti da questi due Paesi.

In crisi le scorte di olio di girasole

Altri problemi riguardano l’industria degli oli da semi, in particolare nel segmento del girasole. Entro un mese, con l’attuale andamento dei consumi, le scorte sono destinate a finire. A sottolineare la complessità della situazione è ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’industria olearia, aderente a Federalimentare e Confindustria. La chiusura dei porti sul Mar Nero ha bloccato gli scambi dei due maggiori produttori mondiali di girasole, l’Ucraina e la Russia, che riforniscono l’industria europea, Italia compresa, esclusivamente via mare. Le navi che trasportano olio o semi di girasole sono tutte ferme, in particolare presso Mariupol e Odessa, centri nevralgici del commercio via mare.

Il girasole è la base essenziale di numerosi filoni produttivi, alimentari e non, dell’economia italiana.Si va dall’olio, apprezzato dall’industria alimentare e in ambito bakery, alle farine per uso zootecnico e alle oleine, fondamentali per l’industria oleochimica ed energetica, ad esempio per il biodiesel, il comparto industriale incrocia settori diversi, ma ugualmente importanti per la nostra economia. Il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle 700mila tonnellateE’ impiegato nella produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili, tutti prodotti destinati alla grande distribuzione alimentare. Inoltre, il mondo Horeca lo predilige per le fritture.

Problemi per l’export di vini e spumanti

Tra i prodotti del Made in Italy più esportati in Russia ci sono vini e spumanti. L’Italia rappresenta il primo fornitore di vino in Russia e Ucraina: nel 2021, gli acquisti di vino italiano da parte di questi due paesi è stato di circa 400 milioni di euro, quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese. Nel 2021, la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% rispetto all’anno precedente), facendo del nostro paese il suo primo fornitore. Anche questo comparto, oggi, sta subendo le conseguenze del conflitto.