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Un bambino nato al Sud non ha le stesse opportunità di un coetaneo nato invece nel Nord del Paese. L’Istat, nel report ‘La spesa dei comuni per i servizi sociali’ conferma ciò che da sempre Enti e centri studi – Svimez in testa – denunciano da anni.

“L’offerta di servizi socio-assistenziali di cui i cittadini possono beneficiare è caratterizzata da grandissimi divari territoriali”, si legge nel lungo resoconto pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica; differenze che ricadono non solo sui bambini ma, di riflesso, sull’intero tessuto socio economico di metà del Paese.

Non rivendicazioni vuote, ma suffragate dai numeri. La spesa pro-capite media, infatti, al Sud è al di sotto del dato nazionale per quasi tutte le tipologie di utenti e questo “si traduce – si legge – in 155 euro in meno in media per ciascun minore residente, 917 euro in meno per una persona con disabilità (bambino o adulto fino a 64 anni), 49 euro in meno per l’assistenza agli anziani, 14 euro in meno per le persone in età lavorativa, utilizzati nei casi di povertà ed esclusione sociale”.

Una fotografia impetosa quella che emerge dal report di Istat che immortala un Paese – colpevolmente – a due velocità, le cui differenze interne ne impediscono la crescita e il rilancio tanto atteso, sia in termini di equità – costituzionalmente orientata – sia in virtù di opportunità individuali.

Spesa pro-capite

Al Sud la spesa pro-capite per il welfare territoriale (66 euro) è la metà della media nazionale (132 euro) e poco più di un terzo di quella del Nord-est (184 euro). Il Nord-ovest e il Centro si attestano su 145 e 141 euro, mentre le Isole sono in linea con la media nazionale,

“Quasi il 30% dei Comuni del Mezzogiorno non offre il servizio di assistenza domiciliare agli anziani in condizioni di fragilità, che prevede un supporto per la cura della persona e dell’abitazione”, si legge in una nota. Al Centro sono meno del 15% e meno del 10% al Nord.

Dal rapporto emerge anche l’impatto della pandemia sulla spesa dei comuni. “L’emergenza sanitaria ha cambiato la spesa sociale dei comuni con un picco per il contrasto alla povertà: è aumentata del 72,9% (da 555 a 959 milioni) la spesa per l’area povertà, disagio adulti e persone senza dimora (dal 7,4% al 12,2% della spesa complessiva)”, si legge nel comunicato.

Risultano in forte crescita i contributi a sostegno del reddito con 377.000 beneficiari nel 2020. E sono 743mila i beneficiari dei buoni spesa per emergenza alimentare (21.500 nel 2019). Registra un calo del 5,9% invece la spesa per l’assistenza ai disabili e si riduce (-1,7%) anche la spesa per i servizi rivolti agli anziani.

Autonomia differenziata

I dati Istat aggiungono nuovi elementi ad uno dei temi politici più dibattuti e divisivi: l’autonomia differenziata. Le principali preoccupazioni, infatti, derivano proprio dalla possibilità tutt’altro che remota di un definitivo strappo tra le Regioni più o meno avvantaggiate della penisola. La ridefinizione dei Lep e le correzioni proposte (o promesse) potrebbero non bastare a colmare le differenze.

In virtù di quanto emerso dal report, infine, sarebbe da chiedersi se – rispetto all’autonomia differenziata – non sia più opportuno un bilanciamento dei servizi essenziali minimi lungo lo stivale, piuttosto che un sistema volto a premiare chi gode già di vantaggi.