Il quadro sul futuro demografico dell’Italia “mostra una popolazione residente in forte decrescita. Secondo lo scenario di previsione “mediano”, si passerà da 59 milioni al 1° gennaio 2022 a 58,1 milioni nel 2030, a 54,4 milioni nel 2050 fino a 45,8 milioni nel 2080″.
Lo ha detto il presidente facente funzione dell’Istat Francesco Maria Chelli ricordando i dati diffusi dall’Istituto il 28 settembre in audizione sulla Nadef. “Il progressivo spopolamento investirà tutto il territorio, pur con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno, con un calo più marcato in quest’ultima ripartizione“, ha spiegato in audizione sulla Nadef.
Il sud a rischio spopolamento
“Il Nord potrebbe ridursi di appena 276mila unità entro il 2050 (da 27,4 a 27,1 milioni), mentre la popolazione del Mezzogiorno potrebbe perdere 3,6 milioni entro il 2050 (da 19,9 a 16,3 milioni). In nessuna delle ipotesi previsive considerate – anche negli scenari più favorevoli – si riuscirà a riportare in equilibrio l’attuale distanza tra nascite e decessi. L’aumento dei livelli riproduttivi medi, infatti, non potrà produrre un parallelo aumento dei nati, a causa della diminuzione sempre più significativa delle donne in età fertile, che rappresentano il potenziale riproduttivo del Paese”, ha osservato.