Vele di Scampia

Le Vele di Scampia, un complesso di sette edifici costruito su un’area di 115 ettari, furono progettate dall’architetto Franz Di Salvo e costruite tra il 1962 e il 1975. Questi edifici avveniristici, dall’aspetto futuristico, erano destinati a ospitare fino a 1200 nuclei familiari. Ogni edificio era composto da due corpi di fabbrica paralleli tra loro, uniti da ballatoi e rampe di scale, lunghi 100 metri e alti 45 con 14 piani ciascuno.

Le strutture, realizzate in cemento armato con elementi prefabbricati, avevano una forma parabolica che ricorda una vela, da cui deriva il nome. Le abitazioni, di dimensioni contenute, erano di 50 metri quadrati con una terrazza esterna di 10 metri quadrati. L’area delle Vele era divisa in due lotti contigui: nel lotto M furono costruite quattro Vele (A, B, C, D) e nel lotto L le restanti tre (F, G, H). Nel tempo, le Vele rimaste in piedi dopo il 2003 furono denominate con colori dalla popolazione locale: Vela Rossa, Vela Celeste, Vela Gialla e Vela Verde.

Il declino e l’occupazione

Il quartiere delle Vele di Scampia divenne presto un simbolo del degrado urbano e della gestione criminale della città. Dopo il terremoto del 1980, numerosi sfollati occuparono gli appartamenti delle Vele. Questi nuovi residenti, provenienti da diversi quartieri di Napoli, erano accomunati dalla condizione di estrema indigenza e sostenuti dai movimenti di lotta per la casa. Tuttavia, la politica sociale inadeguata e l’influenza della criminalità organizzarono rapidamente il degrado del quartiere.

La faida di camorra

Ad incidere sull’immaginario comune riguardo al complesso abitativo popolare fu lo scoppio – nel 2004 – della cosiddetta “faida di Scampia”: una guerra ‘fratricida’ nata dalla ‘scissione’ del clan Di Lauro per la contesa del territorio. Il quotidiano bollettino di guerra attirò velocemente l’attenzione dei media che iniziò ad accendere i riflettori sul quartiere e, in particolare, sulle Vele, considerate simbolo del degrado.

Le prime iniziative di riscatto

Nonostante le difficoltà, i cittadini di Scampia non si arresero. Nel 1986 nacque il Comitato Vele, che iniziò a spingere per il riscatto e la riqualificazione dell’area. La lotta per la demolizione delle Vele trovò ascolto negli anni ’90, quando la Giunta Bassolino istituì un Ufficio per le periferie. Con la Finanziaria del 1993, vennero stanziati 160 miliardi di lire per la demolizione delle Vele e la ricostruzione di nuove case. Quattro edifici furono demoliti nel 1997, 2000, 2003 e 2020. Dei tre rimasti, due saranno demoliti mentre l’ultimo verrà riqualificato.

Il progetto Restart Scampia

Rimarrà in piedi solo la Vela B, conosciuta anche come Vela Celeste, che verrà riqualificata con un investimento di 27 milioni di euro finanziato dal Comune di Napoli, parte del progetto Restart Scampia. Questo progetto di rigenerazione urbana prevede l’abbattimento di tre Vele (A, C e D) e la riqualificazione della quarta (B).

All’interno della Vela B saranno ospitati gli uffici della Città Metropolitana. Inoltre, il progetto prevede il miglioramento del quartiere con nuove connessioni con la città e la realizzazione di alloggi, strutture commerciali, scolastiche, culturali, per il tempo libero e lo spettacolo.

Le Vele di Scampia rappresentano un esempio emblematico di come un progetto urbanistico possa fallire quando non tiene conto delle reali necessità della comunità. La loro storia, dalle origini come ambizioso progetto architettonico alla loro demolizione come simbolo di degrado urbano, fino ai tentativi di rinascita attraverso il progetto Restart Scampia, è un monito per tutti coloro che si occupano di pianificazione urbana.

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