Divario Nord Sud

Il divario Nord-Sud è costantemente sotto osservazione e studio di economisti, sociologi e avventori in cerca disperata di risposte. Se guardiamo a dati sul lungo periodo, nei 25 anni che vanno dal 1995 al 2020, l’occupazione è cresciuta al Nord del 16.4%. Al Sud, è calata del 4.1%. Intanto, i giovani sono sempre meno: ne mancherebbero all’appello 1,6 milioni.

Ma perché? Cerchiamo di scattare una fotografia, seppur sfocata, della situazione italiana. Proviamo a incrociare qualche dato.

L’analisi

Se pensiamo alla produttività del lavoro, le variazioni del 10% registrate al Nord superano il 6.2% del Sud. Fa inevitabile eco il tasso di occupazione: se al Nord aumenta dello 0.3%, al Sud cala dello 0.8%. Così, al Nord, il tasso di abitanti registra +9,3%; al sud, -2%.

Tra le numerose cause, gravi sono le carenze strutturali, le risorse poco sfruttate (come il turismo) e lo spopolamento, triste conseguenza di un mercato che funziona poco e male. Spesso, il disagio riguarda le imprese.

Un’altalena che va avanti da troppo, e che, tra i vari sintomi, registra sovente una scarsa cultura d’impresa. 

Al Sud, il tasso di aziende a rischio si attesterebbe intorno al 18,5%; mentre per le imprese vulnerabili si parla di 41.6%. Insomma, il 60,1% delle attività imprenditoriali del Mezzogiorno trema. Parliamo, secondo Confcommercio, di circa 150.000 aziende. 

E al Nord? I dati sono vicini, ma completamente capovolti: il 62,3% delle imprese è considerato sicuro.

Il paradosso è che, quando si parla di Sud, turismo, ristorazione, edilizia e agroalimentare sono tra i settori più colpiti per precarietà: proprio i settori su cui il Meridione potrebbe essere più forte.

Certo è che, se l’economia è poco mobile, anche per gli imprenditori risulta più complesso risalire la china. È come giocare una partita ad armi impari, partecipare a un videogioco dove i livelli aumentano di difficoltà mentre il giocatore perde progressivamente potenza. 

A chi vuole emergere, spesso non resta che scappare.  

La frattura che separa Nord e Sud Italia sembra ricalcare così quella che divide il Paese, nel suo complesso, dal resto dell’Europa. Con ripercussioni importanti soprattutto sui più giovani.

Secondo il report Istat 2021, Livelli di istruzione e ritorni occupazionali, “i laureati italiani hanno meno prospettive occupazionali rispetto gli altri paesi europei”, nonostante sia più alto il numero di chi riesce ad ottenere lavoro grazie a livelli di studio superiori.

Trovare lavoro in Italia è un lavoro, soprattutto se sei meridionale e hai meno di 25 anni.

Se infatti il tasso di disoccupazione totale si è attestato al 7,9% (con 46 mila occupati in più rispetto ad agosto), sale fino al 23,7% la disoccupazione nei lavoratori tra 15 e i 24 anni; mentre crescono gli inattivi.

Ma la ricchezza, se non c’è, si deve generare.  

È essenziale investire di più sui giovani, essere in grado di creare ambienti stimolanti, sfidanti, ma in cui la sfida sia volta davvero a raggiungere obiettivi concreti, non solo per gli imprenditori. È importante che i dipendenti siano coinvolti personalmente, che non lavorino “per qualcuno”, ma a qualcosa, diventando parte attiva del tessuto aziendale. Questo vuol dire valorizzare le risorse, considerarle un’opportunità, non un costo. Anche se a volte è difficile. Ma è ciò che distingue ogni buon imprenditore: la capacità di rischiare. E, si sa, tassi di rischi maggiori portano a maggiori redimenti potenziali. Fondamentale avere occhio, fiducia, e sapere su chi puntare.

di Fabiana Stornaiuolo