Sanità Italia - Pronto Soccorso - sciopero

La fotografia del nostro sistema sanitario è chiara ed emerge dal Rapporto sulla ‘Qualità degli Outcome clinici negli Ospedali italiani 2023’, elaborato da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e Aiop (Associazione italiana ospedalità privata). Secondo il Rapporto “A livello nazionale, delle 511 strutture di diritto pubblico valutate, 45 (pari al 9%) riportano tutte le aree cliniche validate di qualità alta o molto alta; delle 297 strutture di diritto privato, quelle con standard elevati sono, invece, 80 (pari al 27%). Per quanto riguarda le strutture di qualità bassa o molto bassa, queste rappresentano il 19% delle strutture valutate di diritto pubblico (54 su 511) e il 32% delle strutture di diritto privato (75 su 297)”. 

Il documento, è stato presentato a Roma presso la sede di Unioncamere 

Si tratta di una valutazione comparativa tra le strutture di diritto pubblico e le strutture di diritto privato del Servizio sanitario nazionale, da cui si evince la qualità offerta dalla sanità italiana, con un focus sulla variabilità tra Regioni e all’interno delle stesse, sulla base dei risultati del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2022. Il risultato è una fotografia della qualità offerta dal nostro Servizio sanitario nazionale, che consente il confronto sulla base della natura giuridica delle strutture.

Situazioni diverse a seconda delle aree

Nell’area del sistema cardiocircolatorio, in particolare, si rileva un’elevata concentrazione su livelli alti/molto alti di aderenza agli standard: mentre nel nord e, ancora di più, nel sud e isole la proporzione di strutture di diritto privato over-standard è superiore rispetto a quella delle strutture di diritto pubblico, nel centro la situazione è ribaltata. Qui, infatti, le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle accreditate che tra quelle di diritto pubblico.

Nell’area sistema nervoso, la divaricazione tra le due componenti è sostanziale soprattutto al sud e isole: qui le strutture che riportano livelli di qualità alta/molto alta sono proporzionalmente di più tra le accreditate, mentre quelle che riportano una qualità substandard sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto pubblico. Nel centro – analogamente a quanto riportato per l’area cardiocircolatoria – le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra le strutture accreditate che tra quelle di diritto pubblico.

Nell’area sistema respiratorio, per quanto riguarda il confronto pubblico-privato, la percentuale di strutture che raggiunge standard di qualità alta/molto alta è significativamente maggiore tra quelle accreditate. E ancora: nell’area della chirurgia oncologica, è il nord ad avere risultati simili al sud, con le strutture di diritto privato che, nel confronto con quelle di diritto pubblico, sono proporzionalmente di più tra quelle di qualità alta/molto alta e di meno tra quelle di qualità bassa/molto bassa. Al centro, se le strutture sovra-standard hanno la stessa percentuale tra le pubbliche e le accreditate, le strutture con qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto privato.

Nell’area osteomuscolare, le differenze tra le due componenti sono soprattutto al centro e al sud, dove, rispettivamente il 37% e il 52% delle strutture pubbliche riportano livelli di qualità bassa/molto bassa. Nell’area gravidanza e parto, infine, si documenta una importante divaricazione tra le due componenti: al nord il 56% delle strutture di diritto privato registra livelli di qualità alta/molto alta contro il 15% del sud, mentre le strutture accreditate di qualità bassa/molto bassa sono il 22% al nord e il 75% nel sud e isole.

Il direttore generale di Agenas

Il Rapporto, frutto dell’Accordo di collaborazione stipulato tra Agenas e Aiop, ha quindi voluto mettere in evidenza ‘sia l’apporto che la componente pubblica e quella privata hanno fornito al corretto funzionamento del Servizio sanitario nazionale, sia la risposta rispetto all’emergenza pandemica. Ciò- ha spiegato direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan- è stato possibile rielaborando i dati dell’edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti (PNE) per verificare, a un livello di dettaglio maggiore, la qualità delle prestazioni erogate dalle strutture pubbliche e da quelle private accreditate. 

I numeri della sanità pubblica: -37 mld 

Nel 2018 l’Italia ha speso per il sistema sanitario nazionale l’8,8% del Pil, una percentuale che scende al 6,5% considerando solo gli investimenti pubblici. Al di sotto di Stati Uniti (14,3%), Germania (9,5%), Francia (9,3%) e Regno Unito (7,5%), ma sostanzialmente in linea con la media Ocse, ferma al 6,6%. Sotto l’Italia solo i paesi dell’Europa orientale, Spagna, Portogallo e Grecia. In numeri assoluti ciò si traduce in un esborso per lo stato di 2.326 euro a persona (2mila meno della Germania), complessivamente 8,8 miliardi più rispetto al 2010. Un tasso di crescita dello 0,90%, dunque, che con l’inflazione media annua all’1,07% si traduce in un definanziamento di 37 miliardi

La Fondazione Gimbe calcola che il grosso dei tagli sia avvenuto tra il 2010 e il 2015 (governi Berlusconi e Monti), con circa 25 miliardi di euro trattenuti dalle finanziarie del periodo, mentre i restanti 12 miliardi sono serviti per l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica tra il 2015 e il 2019 (governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte). I mancati investimenti si fanno sentire soprattutto nel sud Italia, dove tutte le regioni (eccezion fatta per il Molise) spendono meno della media nazionale. Non c’è molta differenza, dunque, tra governi democristiani, governi di centrodestra e governi centrosinistra: tutti hanno tagliato. Fino alla pandemia, quando i finanziamenti sono temporaneamente risaliti. Il bilancio del decennio passato per la sanità è tutto un segno meno. I medici ospedalieri sono quattromilaottocento in meno, gli infermieri novemila, i medici di famiglia e le guardie mediche ottomila. Ed è lo stesso con i posti letto, 30.492 in meno, con gli ospedali (centoundici in meno), i pronto soccorso (centotredici in meno).