La legge è uguale per tutti

Il Senato ha approvato in via definitiva la riforma della giustizia che riscrive l’architettura della magistratura italiana, introducendo una netta separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Il testo, già passato alla Camera, rappresenta uno dei passaggi più significativi dell’agenda riformatrice del governo.

Non avendo ottenuto in Parlamento il quorum dei due terzi, la legge dovrà ora essere sottoposta a referendum confermativo, previsto – secondo fonti di Palazzo Chigi – per la primavera del 2026.

Un traguardo storico”, lo ha definito la premier Giorgia Meloni, mentre dalle opposizioni si alzano critiche sul rischio di “indebolire l’indipendenza della magistratura”.


Separazione delle carriere: il cuore della riforma

Il disegno di legge costituzionale n. 1917 introduce per la prima volta la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, superando la possibilità di passaggio da un ruolo all’altro.

D’ora in avanti, giudici e pubblici ministeri seguiranno percorsi autonomi, ciascuno con una propria struttura di autogoverno. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la terzietà dei giudici e garantire una più netta distinzione tra chi accusa e chi giudica.

I detrattori, però, avvertono: la riforma rischia di “indebolire la magistratura requirente” e di “minare l’equilibrio dei poteri”, alterando il principio di indipendenza previsto dalla Costituzione.


Due Csm distinti, con sorteggio dei membri

La riforma istituisce due Consigli Superiori della Magistratura: uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e ne faranno parte, di diritto, il Primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.

Gli altri componenti saranno estratti a sorte:

  • un terzo tra professori di diritto e avvocati con almeno 15 anni di esperienza, da un elenco predisposto dal Parlamento;
  • due terzi tra i magistrati delle rispettive categorie.

I consiglieri resteranno in carica quattro anni, senza possibilità di immediata rielezione.
Il meccanismo del sorteggio punta a ridurre il peso delle correnti interne e a rafforzare l’indipendenza dell’autogoverno giudiziario.


Nasce l’Alta Corte disciplinare

Accanto ai due Csm, la riforma istituisce una nuova Alta Corte di giustizia disciplinare, che avrà competenza esclusiva sulle sanzioni a carico dei magistrati.

L’organo sarà composto da 15 giudici:

  • 6 magistrati giudicanti,
  • 3 requirenti,
  • 6 membri esterni (professori universitari e avvocati con almeno 20 anni di esperienza).

Tre componenti saranno nominati dal Presidente della Repubblica, tre estratti a sorte dal Parlamento, e i restanti scelti tra i magistrati più esperti.
Il presidente dell’Alta Corte sarà eletto al suo interno e resterà in carica quattro anni, senza possibilità di rinnovo.

Questa nuova istituzione sostituirà il sistema disciplinare del Csm, con l’obiettivo di assicurare maggiore imparzialità e trasparenza nelle decisioni su comportamenti e responsabilità dei magistrati.


Sentenze non impugnabili in Cassazione

Un elemento di novità riguarda la non impugnabilità delle sentenze dell’Alta Corte davanti alla Cassazione.
Le decisioni potranno essere riviste solo dalla stessa Alta Corte, in composizione diversa, che fungerà da secondo grado interno.

Si tratta di una deroga parziale all’articolo 111 della Costituzione, che oggi garantisce il diritto al ricorso in Cassazione.
Una legge ordinaria successiva definirà nel dettaglio illeciti, sanzioni e procedure della nuova Corte disciplinare.


Prossime tappe: referendum e leggi attuative

Con il via libera del Senato, la riforma è ora pronta per la consultazione referendaria, che sarà decisiva per la sua entrata in vigore.

In caso di vittoria del “sì”, il Parlamento avrà un anno di tempo per approvare le leggi attuative, che definiranno il funzionamento dei nuovi Csm, dell’Alta Corte e le modalità operative della separazione delle carriere.

Fino ad allora, resteranno valide le norme attuali, per garantire continuità istituzionale e un passaggio graduale al nuovo assetto della giustizia italiana.


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