Silvana Papa (Confapi Sanità) e Vincenzo De Luca

Un maggiore riconoscimento dei centri privati accreditati, budget adeguati e salvaguardia del diritto alla salute dei cittadini. Questi – in sintesi – gli obiettivi che Silvana Papa, presidente di Confapi Sanità, intende perseguire attraverso la propria attività, non solo imprenditoriale.

In quest’ottica, assume grande rilevanza l’accoglimento del ricorso – presentato proprio dalla ‘divisione sanitaria’ della Confederazione italiana della piccola e media industria privata – dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale campano in merito al ‘tetto di struttura’ che limitava, di fatto, il servizio sanitario privato e le prestazioni all’utenza.

In un intervista rilasciata alla redazione di Piazza Borsa, Silvana Papa, presidente di Confapi Sanità, ha parlato dell’importanza del pronunciamento del Tar, approfondendo l’attività di Confapi e le esigenze di un intero settore, non solo in ambito regionale.

Confapi Sanità è reduce da un importante successo presso il Tar Campania che ha accolto il ricorso contro il ‘tetto di struttura’ attribuito in applicazione di due delibere di giunta regionale, cosa ha salvaguardato questo importante pronunciamento e come è stato accolto da Confapi?

Confapi Sanità ha contestato, attraverso numerosi ricorsi promossi innanzi al Tar Campania Napoli, l’attribuzione dei tetti di spesa per ciascuna struttura imposti ai laboratori di analisi accreditati da parte della Regione Campania senza che si tenesse conto del fabbisogno reale della popolazione regionale. E’ stato ridotto sia il budget economico originariamente previsto per l’intera branca di Patologia Clinica sia il numero delle prestazioni da erogare per singolo laboratorio in danno all’utenza.

L’assegnazione dei tetti di struttura operato dalla Regione ha avuto come conseguenza la riduzione del budget mensile attribuito ai singoli laboratori e il conseguente esaurimento del budget, non alla fine bensì nei primi dieci giorni del mese.

Il Tar Campania Napoli, accogliendo i ricorsi patrocinati da Confapi Sanità, ha annullato i budget attribuiti alle strutture ed ha imposto alla Regione di rideterminarli in virtù delle specifiche motivazioni e necessità che i laboratori dovranno rappresentare. E’ stata una grande vittoria per Confapi perché è stato censurato il metodo scelto dalla Regione Campania che ha escluso qualsiasi confronto con le associazioni datoriali, rappresentative dei diritti delle piccole e medie realtà imprenditoriali.

L’ammonimento del TAR è stato proprio quello di ritenere illegittimo ogni percorso unilaterale limitativo delle forme concertative con le associazioni datoriali.

Come intende Confapi riequilibrare il tetto al budget per offrire un servizio più efficace ed efficiente agli utenti che si rivolgono ai privati?

Confapi Sanità con la sua iniziativa sindacale intende modificare in radice l’approccio che la Regione Campania ha avuto con le esigenze degli utenti. In tal senso, eserciterà ogni pressione politico-istituzionale per legare le scelte della Regione al fabbisogno reale della popolazione campana. Fino ad ora i tetti di spesa sono stati determinati con riferimento alla cosiddetta “spesa storica”, che, tuttavia, nell’ultimo decennio ha determinato una costante contrazione di prestazioni e di risorse.

A tanto deve aggiungersi che il valore delle prestazioni è stato continuamente ritoccato in ribasso. E’, dunque, evidente che la spesa storica non può che determinare errati tetti di spesa ed inefficienza nell’erogazione dei servizi sanitari.

In relazione ai rapporti con l’Ente Regionale, come il settore sanitario campano potrebbe essere sostenuto maggiormente? Quali sono ad oggi le principali criticità che vi trovate ad affrontare nell’ambito privato?

Occorre innanzitutto superare definitivamente il limite culturale in ragione del quale non si guarda all’efficienza e all’ appropriatezza della prestazione sanitaria ma alla conservazione del dogma della prevalenza del pubblico rispetto al privato. Le risorse, pertanto, vengono assegnate secondo criteri differenti alle strutture pubbliche e negate a quelle private accreditate. Sarebbe utile per i cittadini che si definissero i strutture pubbliche anche i centri privati accreditati con il SSN, che garantiscono cosiddetti LEA (livelli essenziali di assistenza). Basterebbe tale semplice educazione concettuale per guardare alla salute del cittadino e non a false divisioni. Potrebbe essere molto significativo denominare le strutture nate da un’iniziativa privata con la dicitura “strutture pubbliche accreditate”.

Le prestazioni e le risorse sarebberonno così divise tra strutture pubbliche non per garantire rendite di posizione, ma per favorire i migliori, capaci, a costi identici, di garantire il servizio gratuito e qualificato a chi ne ha bisogno.

Come Confapi, e lei in prima persona, ha contribuito e continuerà a contribuire allo sviluppo delle piccole e medie imprese impegnate in Campania in un settore particolarmente delicato come quello sanitario? 

Sembrerà strano, ma il sistema sanitario in Italia impedisce investimenti in sanità. La legislazione nazionale e regionale, nella realtà, non consente ad un imprenditore di realizzare una struttura sanitaria. L’investitore, infatti, deve prima richiedere alla Regione se e in quali limiti è possibile realizzare un’iniziativa in un qualsiasi settore della sanità. Il 90% di tali iniziative, dopo un periodo di gestazione anche di svariati anni, vengono rigettate perché le regioni spesso non si sono dotate di un documento programmatorio che individui il fabbisogno aggiornato.

L’imprenditore, dunque, dovrà rivolgersi al giudice amministrativo affinchè con sentenza costringa la regione a determinare, ovvero, aggiornare il fabbisogno.

Ottenuta una sentenza la Regione dovrà nominare la commissione che darà la propria valutazione dopo altro tempo indefinito. E questo è solo il primo ostacolo. Non credo ci sarà un imprenditore disposto ad attendere anni solo per conoscere il fabbisogno di una branca della sanità regionale!

Resta, tuttavia, forte l’iniziativa di coloro che continuano il lavoro della precedente generazione che ha creduto nella sanità privata accreditata e che, come me, forti dell’esperienza maturata, intendono, attraverso la Confapi, superare le sabbie mobili della burocrazia e di una legislazione troppo vincolistica.

Dovremo progressivamente liberalizzare il settore imprenditoriale sanitario e puntare definitivamente sulla innovazione e sulla qualità da qualunque parte provenga, sia pubblica che “pubblica accreditata”.