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In un colpo di scena inatteso, Antonio Caponetto ha rassegnato le dimissioni dall’incarico di coordinatore della Struttura di missione della presidenza del Consiglio per la Zona Economica Speciale (ZES) unica del Mezzogiorno. Le dimissioni, formalizzate con decorrenza 5 agosto, hanno scosso l’ambiente politico e amministrativo, soprattutto perché Caponetto era stato uno dei principali artefici della stesura del Piano Strategico della ZES unica.

Al suo posto, il ministro per gli Affari Europei, per le Politiche di Coesione e per il PNRR, Raffaele Fitto, ha scelto Giosy Romano, già noto per il suo ruolo come ex commissario delle ZES Campania e Calabria. Questo avvicendamento rappresenta un importante cambiamento ai vertici della struttura che ha il compito di rilanciare lo sviluppo economico del Mezzogiorno attraverso agevolazioni e incentivi mirati.

Le dimissioni di Caponetto, secondo quanto riportato, sarebbero dovute a motivi personali e non sembrerebbero legate alle recenti polemiche che hanno investito la misura della ZES, criticata per la sua presunta inefficacia nel fornire reali benefici alle imprese. Tuttavia, fonti vicine agli ambienti politici hanno smentito le ricostruzioni che collegano l’addio a possibili divergenze con il ministro Fitto, in relazione al ritmo troppo basso dei lavori finanziati dal PNRR e delle autorizzazioni concesse agli investimenti nella ZES.

Nell’informativa parlamentare riguardante il caos per il credito d’imposta, Fitto ha annunciato una relazione di monitoraggio sul funzionamento delle otto precedenti zone speciali regionali. Questo monitoraggio sarà cruciale per valutare l’efficacia delle misure adottate e per apportare eventuali correttivi necessari al fine di ottimizzare i benefici per il territorio.

L’arrivo di Giosy Romano al vertice della ZES unica del Mezzogiorno segna l’inizio di una nuova fase per questa importante iniziativa. Con una solida esperienza alle spalle, Romano avrà il compito di affrontare le sfide attuali e future, cercando di superare gli ostacoli che hanno finora rallentato il pieno successo delle zone economiche speciali.

 


 

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