Extraprofitti banche tassa

Nel pieno delle ferie d’agosto, il Consiglio dei Ministri ha verato una nuova tassa sugli extraprofitti delle banche. Una mossa a sorpresa che non ha tardato ad avere ripercussioni anche sulle quotazioni di mercato dei principali istituti operanti in Italia. Lo ha annunciato il vicepremier Matteo Salvini. Gli introiti, sull’aliquota del 40%, saranno destinati a due voci: aiuto ai mutui prima casa e taglio delle tasse.

“L’innalzamento dei tassi della Bce – ha detto Salvini – ha portato ad un innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese. Non c’è stato un altrettanto solerte, veloce e importante aumento per i consumatori. Quindi in questo gap si verrà a contare un 40% di prelievo dagli extraprofitti multimiliardari delle banche. Non entriamo nel merito delle cifre, ma basta guardare gli utili del primo semestre 2023 delle banche per capire che non stiamo parlando di qualche manciata di milioni, ma si può ipotizzare di alcuni miliardi”.

Il modello ricalca quello sperimentato dal governo Draghi sulle imprese energetiche per recuperare risorse a favore di imprese e famiglie contro il caro-energia.

La misura viene ora traslata sul mondo bancario con l’intento di combattere il caro-mutui.

Come funzionerà la nuova tassa

Sulla base alla bozza della norma circolata in queste ore vi sono delle importanti novità. Ecco come sarà strutturata.

Cosa sono gli extraprofitti – Nel caso delle banche sono calcolati sul margine di interesse, ovvero sulla differenza tra interessi attivi e interessi passivi. Gli interessi attivi sono quelli che la banca incassa come guadagno per aver concesso prestiti o mutui (in linea con i tassi Bce). Gli interessi passivi sono quelli che la banca stessa deve pagare alla clientela, sui conti correnti (oggi quasi a zero) o sui conti deposito. Di fatto gli extraprofitti sono i guadagni che la banca incassa in più con l’aumento dei tassi di interesse.

Chi paga – Il prelievo viene istituito per il 2023 a seguito del rialzo dei tassi di interesse e “dell’impatto sociale derivante dall’aumento delle rate dei mutui”. Sarà a carico degli intermediari finanziari, ma verranno escluse le società di gestione dei fondi comuni d’investimento e le società di intermediazione mobiliare.

Aliquota al 40% – L’imposta straordinaria si calcola applicando un’aliquota pari al 40 per cento sul maggior valore del margine di interesse dell’esercizio 2022 che eccede per almeno il 5% il margine del 2021 e tra il margine di interesse relativo al 2023 che eccede in questo caso per almeno il 10% il margine 2021.

Tetto – L’ammontare dell’imposta straordinaria, in ogni caso, non può essere superiore a una quota pari al 25% del valore del patrimonio netto della banca alla chiusura dell’esercizio 2022.

Si paga nel 2024 – L’imposta straordinaria va versata entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio 2023, in pratica per la maggior parte delle banche entro giugno 2024. La norma precisa che i soggetti che approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio effettuano il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, se il termine scade nel 2023, il versamento è effettuato nel 2024, comunque, entro il 31 gennaio.

* Non deducibilità – L’imposta straordinaria non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. Ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione dell’imposta straordinaria, nonché del contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.
Risorse per il taglio delle tasse – La stessa norma stabilisce la destinazione degli incassi: le maggiori entrate serviranno a rifinanziare il fondo mutui prima casa per gli under 36 e “per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese”. Si tratta di misure che saranno probabilmente inserite nella manovra per il prossimo anno.

Incassi tra 2 e 3 miliardi – Le prime stime indicano possibili entrate da 2,5/2,8 miliardi, ma la norma finora visibile non è accompagnata dalla relazione tecnica. La cifra basterebbe ampiamente per i mutui, che valgono qualche centinaia di milioni, ma solo parzialmente per rinnovare ad esempio il taglio del cuneo (che per un anno vale circa 9 miliardi) o per ridurre da 4 a 3 le aliquote Irpef. Per le varie ipotesi sul tavolo si parte infatti da almeno 4 miliardi.