Francesco Megna

La fiducia nella ripresa economica continua a crescere e gli italiani tornano a investire. Mentre continua a incrementare il risparmio, aumenta anche la propensione al rischio e si profila una preferenza per i prodotti finanziari, giunti oramai a battere il sempre caro mattone. Oramai i risparmiatori hanno una visione molto chiara riguardo la potenzialità dei propri investimenti, senza facili illusioni, oltre ad una concreta attenzione al ‘green‘. Nonostante l’inflazione non ancora domata crescono le famiglie italiane che risparmiano (+5% rispetto ad un anno fa) mentre cala l’avversione al rischio a beneficio della sottoscrizione di prodotti finanziari a medio-lungo termine e del simultaneo aumento della ricerca di rendimenti attraenti (una priorità per un quarto degli investitori). Cala invece la percentuale di chi assegna priorità alla protezione del proprio capitale (– 5%: sempre comunque al primo posto nelle preferenze degli italiani). Sul podio, tra gli aspetti più importanti per i risparmiatori troviamo la liquidabilità dell’investimento.

Seguono la semplicità, la ricerca di costi bassi, la flessibilità dell’investimento ed i piani di accumulo. Cresce anche la rilevanza per le decisioni di consumo sostenibili e a contenuto impatto socio-ambientale. Nello specifico, di fronte all’opzione tra sostenibilità e rendimento dell’investimento la percentuale degli investitori che prediligono l’una o l’altra alternativa arrivano a corrispondersi. Si tratta di una tendenza di riequilibrio che prosegue oramai da tre anni circa. La sensazione è che ci sia una forte esigenza di gestire la volatilità e di diversificazione da parte dei risparmiatori, bisognosi di alternative da abbinare agli onnipresenti BTP. D’altra parte lo scenario globale è parecchio cambiato negli ultimi tempi e c’è grande incertezza. I tassi di interesse, cresciuti parecchio negli ultimi 18 mesi dovrebbero cominciare a ridursi nelle prossime settimane e in maniera più rilevante verso la seconda parte dell’anno.

Questo quadro, unito al contesto macro-economico porta la gestione attiva a rappresentare la scelta ideale del momento. Cercare cioè, con il supporto del proprio consulente finanziario di acquistare e vendere i singoli titoli nel momento migliore, cambiando spesso l’asset allocation del proprio portafoglio per raggiungere un risultato superiore rispetto a quella dell’indice di riferimento. Se osserviamo un grafico rappresentativo della volatilità del del mercato obbligazionario e di quella dell’azionario notiamo che il mercato obbligazionario in realtà, soprattutto quando le mosse delle banche centrali influenzano l’andamento dei tassi risulta essere molto più volatile rispetto all’ azionario. Questa analisi serve per smontare un buyer tipico dell’investitore: ‘ho paura del mercato azionario, non ho paura di quello obbligazionario‘. In realtà le due paure vanno equiparate per accompagnare l’investitore verso il concetto di bilanciatura del rischio quindi verso strategie bilanciate che combinano azioni e obbligazioni ottimizzando il rischio complessivo del portafoglio in funzione del rendimento atteso.

Il mercato sta tornando finalmente a guardare ai fondamentali; ovviamente sul tavolo rimangono i problemi di sempre ovvero geopolitica e inflazione rischiosa ma il mercato nel medio-lungo termina guarda e torna sempre ai fondamentali e ad oggi il mercato è caro con premi a rischio compressi ma offre ancora molte opportunità di investimento soprattutto se quando si costruisce un portafoglio si diventa selettivi. Occorre quindi mettere i fondamentali in portafoglio, un equity internazionale con focus sulla componente value e la componente dividendi che ci aiuta a navigare nei momenti di volatilità e turbolenza legati a variabili esogene. E’ un mercato che va in decorrelazione tra azionario e obbligazionario: le strategie adeguate per catturare un mercato decorrelato sono strategie bilanciate (value e growth) e flessibili. Perché quando i tassi cominceranno a scendere ci saranno 8.000 mld parcheggiati nei money market fund che cercheranno strade alternative di rendimento.

L’ottimismo sulla crescita sta comportando così un aumento (+5%) dell’esposizione ad azioni e materie prime, perché la maggior parte degli investitori è convinta che l’economia globale accelererà. Cresce nel frattempo anche l’appeal verso i fondi monetari, un’alternativa alla liquidità in conto corrente sino a quando le banche centrali non inizieranno ad abbassare i tassi. Gli strumenti del mercato monetario sono investimenti di debito a breve termine, di norma con una scadenza inferiore ai dodici mesi e rendimenti del 2%-3% ca., comunque preferibili a quanto viene remunerata la liquidità lasciata sul conto corrente. Oltre a fondi (ed ETF) monetari, i risparmiatori utilizzano altri strumenti per parcheggiare la loro liquidità in alternativa al conto corrente, come i conti deposito che sono conti correnti nei quali è possibile solo versare e prelevare la liquidità e che offrono un rendimento sulle cifre versate.

L’interesse per questo servizio è maggiore in alcune specifiche fasce: se infatti, a livello nazionale la percentuale è pari al 12% fra i 34/45 anni, sale al 15% e fra i giovani di età compresa tra i 25 ed i 33 anni raggiunge il 18%. Canale preferito per la sottoscrizione è il web. Infatti tra coloro che hanno acceso un conto deposito il 60% l’ha fatto online. Solo il 40% è andato in banca e in sette casi su dieci e in sette casi su dieci il conto è stato attivato presso un Istituto di Credito con cui si aveva già un rapporto in essere. A livello generale un cliente su sei è titolare di un conto deposito. Chiaramente se la BCE dovesse iniziare ad abbassare i tassi queste potrebbero essere le ultime opportunità per beneficiare di redditività interessanti su prodotti a brevissimo termine.

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