Pellet

Via libera al bonus pellet in legge di Bilancio 2023: tra gli emendamenti approvati nella notte del 21 dicembre dalla commissione Bilancio della Camera figura anche quello che taglia l’Iva sul combustibile, così come pure sul teleriscaldamento. D’altronde, chiunque abbia una stufa a pellet saprà il perché un tale provvedimento era ormai inevitabile. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, infatti, il prezzo di un sacco di pellet è cresciuto senza sosta, arrivando anche a costare 15 euro (per una sacca di 15 chilogrammi). Trovare pellet a meno di 8 euro sembra essere possibile, neppure virando su prodotti meno performanti.

Tra le misure contro il caro energia, come ad esempio il bonus bollette, era dunque necessario pensarne a una ad hoc rivolta a coloro che in questi anni hanno deciso di acquistare una caldaia a pellet, sicuramente più green in confronto a tutti gli altri combustibili fossili, gas compreso.

Nel dettaglio, al bonus per chi acquista una caldaia a pellet, già operativo, se ne aggiunge un altro rivolto all’acquisto del combustibile; un po’ come fatto con la benzina, infatti, è stato deciso d’intervenire riducendone la tassazione, portando l’Iva dal 22% al 10%.

Come cambia il prezzo del pellet con il taglio dell’Iva

Fino a oggi sulla vendita del pellet si applica l’aliquota Iva ordinaria del 22%. La legge di Bilancio 2023, con apposito emendamento che ha ottenuto il via libera dalla commissione Bilancio, la riduce però al 10% per tutto il primo trimestre del 2023, quindi da gennaio a marzo. Giusto in tempo, dunque, per l’arrivo del freddo invernale. Quindi, se oggi una sacca di pellet ha un costo netto di 8 euro, applicando l’Iva al 22% ne risulta un prezzo finale di 9,76 euro. Con l’Iva al 10%, invece, il prezzo della sacchetta scenderà a 8,80 euro, a fronte di un risparmio di poco meno di 1 euro. Ovviamente più è alto il prezzo netto e maggiore sarà il risparmio. Ad esempio, su una sacca che costa 12 euro, 14,64 euro compresa d’Iva, il prezzo scenderà a 13,20 euro, a fronte di un risparmio di circa 1,40 euro. Su grandi quantità, quindi, il risparmio potrebbe essere notevole: considerando che ogni mese si consumano dalle 30 alle 35 sacche di pellet, vorrà dire che si risparmierà dalle 30 alle 45 euro mensili.

L’ultima parola spetterà ai commercianti

Va detto che tutto dipenderà dalla volontà dei commercianti. Non si può negare che, al netto di tutte le altre motivazioni che hanno portato all’aumento del prezzo del pellet, in questi mesi ci sia stata anche della speculazione da parte dei venditori.

Ecco perché per capire se effettivamente la riduzione dell’Iva sul pellet possa avere effettivamente delle ripercussioni sul prezzo finale bisognerà attendere i prossimi mesi.

Se nel frattempo dovesse esserci l’aumento del prezzo netto del pellet, infatti, la riduzione dell’Iva dal 22% al 10% potrebbe essere inutile. Pensiamo ad esempio a un commerciante che vendeva il pellet al prezzo finale di 10 euro, quindi circa 8,20 euro netti più 1,80 di Iva; nel 2023 questo potrebbe scegliere, approfittando dell’agevolazione prevista dalla manovra, di vendere comunque quella sacca a 10 euro, aumentando il valore netto a 9,1 euro. Nessun risparmio per chi acquista quindi, ma un maggior guadagno per chi vende.

Evoluzione dei prezzi e conflitto Ucraina-Russia

Le stagioni 2017/2018 e 2018/2019 sono state caratterizzate da prezzi piuttosto alti e da un paio di picchi di richieste che hanno generato una carenza di prodotto specie verso fine anno 2017. Le cause di questi ultimi aumenti sono da ricercare nelle maggiori richieste di prodotto all’interno del mercato globale del pellet. Il fenomeno si acutizzerà sicuramente con il passare degli anni, considerato l’ingresso di nuovi “giocatori” ed i crescenti consumi da parte dei vecchi consumatori. Un ruolo centrale nell’innalzamento dei prezzi ha giocato poi il conflitto tra Ucraina e Russia, l’embargo su Russia e Bielorussia, la dipendenza dell’Italia agli approvvigionamenti esteri.

Taglio dell’Iva anche sul teleriscaldamento

Vantaggi anche per chi utilizza il teleriscaldamento, ossia il trasporto a distanza di calore ad uso riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria. Un sistema che in questi anni è stato presentato come economico, ma che negli ultimi mesi non lo è stato: basti vedere gli importi delle bollette ricevute da chi utilizza il teleriscaldamento per rendersi conto che per il momento non si tratta di un’alternativa conveniente.