Guerra in Ucraina, l'Ue rivede il Pil al ribasso

La Commissione europea ha pubblicato il 16 maggio le previsioni economiche di primavera. Nel pieno della fase di ripresa post-pandemica, una nuova e pericolosa minaccia alle prospettive di crescita è venuta dall’invasione russa dell’Ucraina. La guerra sta esacerbando le pressioni inflazionistiche, soprattutto sulle materie prime, e mettendo nuovamente in pericolo le catene di fornitura internazionali, oltre a provocare una fortissima incertezza sui mercati. La Commissione ritiene comunque che il pieno dispiegamento del Recovery and Resilience Facility (RRF) sosterrà l’economia europea in questa fase difficile, in cui il mercato del lavoro resta forte ed i tassi bassi.

Gli Stati membri dovranno però ricalibrare le politiche messe in atto nei due anni di pandemia, indirizzandole maggiormente verso la stabilità dei prezzi e la protezione sociale delle fasce più a rischio per via dell’inflazione. Inoltre, gli investimenti previsti nel quadro dell’RRF dovranno essere indirizzati a ridurre la dipendenza dei paesi europei dalle risorse energetiche della Russia.

Le previsioni sono critiche

Come già accennato, le previsioni di crescita sono state ritoccate rispetto a quelle invernali e attualmente si stima che a fine anno il PIL reale crescerà del 2,7% (invece del 4% precedentemente previsto) sia in UE che in area euro, mentre nel 2023 l’aumento sarà del 2,3% (anziché il 2,8% previsto in UE e il 2,7% in area euro). La maggiore causa di questa minore crescita è l’incremento dei prezzi energetici, già aumentati in modo robusto prima dello scoppio della guerra causando incrementi in molti altri prodotti, cibo compreso.

Un’ulteriore escalation del conflitto potrebbe mettere a rischio le attività economiche in USA e in Cina e peggiorare ulteriormente lo scenario. Il commercio internazionale soffre ancora alcune criticità, aggravate dalle nuove misure di contenimento del COVID19 tuttora applicate in alcune parti della Cina, tra cui gli importanti hub produttivi di Shangai e Shenzen che mettono a rischio la produzione di molti beni.

Nel secondo trimestre 2022, lo scoppio della guerra e l’acuirsi delle pressioni sui prezzi hanno causato un rallentamento delle attività economiche, almeno stando ai dati attuali, ancora incompleti. La crescita nel primo trimestre 2022 è stata dello 0,4% in UE (e dello 0,2% in area euro): in territorio positivo per Spagna (+ 0,3%) e Germania (+ 0,2%), stabile per la Francia (0%) e in negativo per l’Italia (- 0,2%). Si prevede una situazione non troppo diversa nel secondo trimestre, e le cause suddette, insieme a un notevole livello di incertezza, hanno portato la Commissione a modificare le stime per il 2022 e per il 2023.

Infatti, ad oggi, la previsione per il 2022-2023 è rispettivamente del 2,7% e del +0,3% sia in UE che in area euro, con l’effetto trascinamento che dovrebbe essere più alto quest’anno rispetto al prossimo. Il maggiore fattore di crescita economica è dato dalla domanda interna.

Ma una speranza c’è

Si stima che le spese relative all’afflusso di persone in fuga dall’Ucraina porteranno ad un incremento della spesa di circa lo 0,1% del PIL nel 2022. Nel 2023, il disavanzo pubblico dovrebbe contrarsi al 4,3% del PIL, grazie ad una riduzione della spesa pubblica e all’accelerazione della crescita delle entrate fiscali. La Commissione, infine, prevede che il rapporto debito/PIL seguirà una traiettoria di discesa nell’orizzonte temporale di previsione.

Dal 155,3% del PIL nel 2020, è sceso al 150,8% nel 2021, per effetto della ripresa economica e di un favorevole aggiustamento stock-flussi fino a raggiungere il 146,8% entro il 2023 .